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Quando si cresce in una casa in cui la musica è la protagonista indiscussa di ogni tuo momento, scatta qualcosa dentro di te.
Non puoi pensare di essere immune al suo fascino, alla sua bellezza… è semplicemente impossibile!
Se poi il musicista in questione si chiama Enzo Jannacci (prematuramente scomparso qualche tempo fa), allora capiamo quanta passione per la musica possa aver assorbito, da lui, suo figlio.

Paolo Jannacci (classe 1972), è il figlio di Enzo, ma soprattutto è un musicista, arrangiatore e compositore italiano apprezzato dovunque e da chiunque. Jannacci, che suona pianoforte, fisarmonica e basso, in questo momento è concentrato con il suo trio+1 (Marco Ricci, Stefano Bagnoli e Daniele Moretto), e con in ‘Concerto con Enzo’ (esecuzioni di brani jazz e canzoni del padre). Ha da poco pubblicato il disco ‘Hard Playing’.

Jannacci, lei ha mangiato pane e musica fin da piccolo?
‘Eh sì, la casa era sempre piena di musica e canzoni. Io accompagnavo il papà al piano da piccolissimo e lui mi diceva: ‘Mi raccomando, suona dolcemente’… Perchè è risaputo che i bambini di 4-5 anni riescono a distruggere i pianoforti.’

Quindi, la sua passione le è stata trasmessa da suo padre?
‘Fondamentalmente sì.’

A differenza di Enzo, che ha continuato la sua attività di medico in maniera parallela a quella artistica, lei ha deciso di diventare un musicista professionista. Ha sempre voluto fare questo nella vita?
‘Mi sarebbe piaciuto molto fare il chirurgo e durante i primi anni di liceo vagavo nell’incertezza.
Poi, dopo le prime esperienze lavorative con il papà, ho avuto il colpo di fulmine decisivo a 17 anni. Sui banchi di scuola ho deciso che avrei fatto solo il musicista professionista.’

Lei si sente un musicista eclettico. Come si misura l’eclettismo in un musicista?
‘Non lo so. E’ una prerogativa che si avverte, che si sente. Capisci che c’è un magnetismo che ti cattura e ti fa apprezzare quel determinato artista e le sue opere.’

Lei suona tre strumenti: pianoforte, basso e fisarmonica. Qual è il suo preferito?
‘Purtroppo’ il pianoforte, perché è quello che ho studiato di più e con costanza. Il basso, però, rimane il mio primo amore.’

Perché ha abbracciato proprio il genere jazz? Cosa ha più del rock o del pop?
‘Il jazz non ha nulla più di altri generi ma con il jazz puoi liberarti di concetti, a volte limitanti, come struttura, tempo e metrica. Ha il grande pregio di esteriorizzare la propria soggettività e in più ti permette di studiare delle finezze armoniche che in altri generi daresti più per scontate.’

Mi parli della sua ultima fatica…
‘Nessuna fatica nel realizzarlo. Semmai tutto ciò che viene dopo è sempre complicato!
‘Hard Playing’ è un disco di jazz in cui confluisce un’amicizia ventennale in un giorno e mezzo di registrazioni. C’è la nostra esperienza, c’è la voglia di comunicare, di suonare, di stare insieme e di sperimentare qualcosa di nuovo. Spesso ci siamo riusciti.’

Jannacci, è soddisfatto del suo percorso professionale e di vita?
‘Sì, perché ho una moglie e una figlia che mi riempiono di gioia e mi regalano la voglia di vivere.
Se stai bene con la tua famiglia, allora vuol dire che stai trovando un equilibrio professionale.

A cura di Nicola Luccarelli

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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