Unmilioneduecentoquarantremila abitanti su cinquemilanove chilometri quadrati di superficie: questi i numeri primi della provincia di Palermo, quelli che a scuola ci fanno imparare a memoria.

Credendo fortemente nel valore dell’approccio multidisciplinare, voglio qui ed ora abbattere le paratie del tradizionalismo ed immaginare taluni professori, amanti della storia, dell’arte e della storia dell’arte, insegnare quei numeri come espressione di un potenziale immenso e preziosissimo che si tinge di infinito, se guardato col mare di fronte.

Chilometri quadrati di possibilità, che Palermo ha saputo sfruttare e in cui oggi conserva ed espone, come fosse una gioielleria a cielo aperto, i suoi preziosi. E così piazze, teatri, mercati storici, siti archeologici, cimiteri monumentali e catacombe, musei storico artistici e scientifici, ville, parchi, e riserve naturali diventano gioielli che garantiscono, al turista che spesso arriva qui pensando di trovare solo belle spiagge, acqua cristalline e panni stesi tra una finestra e l’altra sospesi come un respiro, un’esperienza multisensoriale, eterea e certamente indimenticabile.

Palermo è risultato di un prezioso sincretismo politico, culturale, religioso ed artistico, nonché sintesi dell’eredità lasciata da tre secoli di dominio bizantino e duecentocinquant’anni di dominio musulmano, che ha trovato la sua massima espressione nel XII secolo quando i re normanni, utilizzando l’oro dei mosaici bizantini e le geometrie arabe, scrissero le pagine più belle dell’arte e dell’architettura medievali, e che nel 2015 hanno iscritto di diritto Palermo tra i Siti del Patrimonio Mondiale UNESCO.

Il sito, denominato “Palermo arabo-normanna e le Cattedrali di Cefalù e Monreale,” comprende nove monumenti, tutti gioielli rappresentativi di quella bellezza intesa come valore e bene universale, che è testimonianza di storia, passione e di quel linguaggio umano che solo l’arte sa far emergere, esprimere, comprendere, comunicare.

Dopo un tuffo nel mare e uno nell’arte, concediamoci infine un piccolo tuffo nel cuore pulsante della città, e visitiamo la Kalsa (che in arabo significa l’eletta), rione sorto durante la dominazione islamica. Verremo inebriati da profumi speziati che provengono dai chioschi lungo le strade, mentre passeggiando incroceremo gli sguardi di donne sedute fuori dagli usci e intente a ricamare o parlare con le amiche nel dialetto locale, simile ad una cantilena araba.

E posso immaginare, donne come loro, negli anni ‘40-‘50, le mamme dei piccoli Giovanni e Paolo, richiamare in casa i loro figli magari per il pranzo o la cena, quando nessuno ancora sapeva che sarebbero diventati i Giudici Falcone e Borsellino.

A cura di Sara Patron – Foto Marco Iorio

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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