Quando nella notte del 24 agosto la terra ha tremato per lunghi momenti e distrutto una vasta zona del Centro Italia, di Amatrice, Accumuli, Pescara ed Arquata del Tronto, non sono rimasti che cumuli di macerie e si sono iniziate a piangere le vittime di un sisma che ha lasciato un segno profondo non solamente sul territorio colpito.
Un gruppo di volontari piemontesi, di Poirino e Chieri, ha raccolto denaro e beni diversi preparandosi a ripetere un viaggio che già aveva avuto, in anni precedenti, come meta L’Aquila e l’Emilia modenese colpite a loro volta da devastanti terremoti; queste persone fanno parte della Protezione Civile, dell’A.N.C. (Associazione Nazionale Carabinieri, n.d.r.), o sono semplici volontari che hanno deciso di portare un aiuto alle popolazioni così duramente coinvolte in questa nuova tragedia nazionale.
Uno di loro, Carlo Benedicenti, ci ha dato un resoconto scritto e fotografico di cosa si sono trovati di fronte una volta arrivati sul posto, mentre altri hanno aderito alla nostra richiesta di raccontarci le loro testimonianze in interviste che al più presto renderemo pubbliche.

A tutti va il nostro profondo ringraziamento, e questo non solo per darci la possibilità di far conoscere la loro esperienza e testimonianza, ma per tutto ciò che materialmente hanno fatto e faranno (dato che è già programmato un nuovo viaggio negli stessi luoghi) per coloro che così stanno vivendo un dramma che non accenna ad avere termine.
“Venerdì 11 novembre, è l’alba, i mezzi sono carichi e non ci resta che metterci in viaggio. Siamo in 13 e la meta è la tendopoli di Borgo, frazione di Arquata del Tronto, dove ci attendono il Sindaco ed il Comandante della locale Stazione dei Carabinieri per la consegna di quanto raccolto: un gruppo elettrogeno che andrà all’Arma insieme a materiale didattico; computer portatili, materiale scolastico, generi alimentari e di vestiario, per il primo cittadino.
Il viaggio è lungo, specie una volta arrivati vicino alla meta; molte strade sono chiuse perché inagibili o perché utilizzate dai Vigili del Fuoco e dall’Esercito, che lavorano incessantemente in tutta la vasta zona colpita non solo dal sisma di agosto, ma anche dalle nuove manifestazioni telluriche di ottobre ed inizio novembre, quando si è ulteriormente ingrandito il territorio interessato.

Piove e fa freddo, ma l’accoglienza è calorosa e ci accampiamo per la notte, “assaggiando” la realtà della gente che da mesi sopravvive senza più un tetto, senza più nulla che non sia la propria vita, con la terra che continua a tremare senza sosta e non dà tregua neppure a coloro che sono qui per prestare la loro indispensabile opera, dai Vigili del Fuoco all’Esercito, dalla Polizia ai Carabinieri, dalla Protezione Civile alla Croce Rossa ed a tutte le Associazioni presenti sul territorio.
Il sabato mattina incontriamo i responsabili dell’organizzazione, ma ci sono i primi intoppi burocratici per la consegna di alcuni dei materiali che abbiamo raccolto; purtroppo il nostro è un Paese dove spesso il buon senso si scontra con disposizioni che di sensato non hanno nulla e si finisce per disperdere ciò di cui per tanti è non solo prezioso ma indispensabile.
Fortunatamente il Sindaco di Borgo ha ben presente quali sono le esigenze reali dei propri concittadini e dei tanti che abitano un territorio comunale diviso in un’infinità di frazioni e frazioncine ridotte purtroppo a cumuli di macerie.
Ci avviamo così su strade spesso chiuse al transito perché inagibili o perché passano nel mezzo di zone dove il pericolo di crolli, per quel poco rimasto in piedi, è davvero molto ma molto alto; località raggiungibili normalmente in pochi minuti di auto, diventano mete lontane ore e quando ci si arriva si ha davanti un paesaggio di devastazione che stringe il cuore.

Qualcuno è rimasto, non ha voluto abbandonare i propri luoghi, quello che resta delle proprie case, della propria vita; ci sono tende e roulotte, bambini che nonostante tutto giocano e ridono ed anziani a cui il terremoto ha cancellato la speranza del domani.
Qui la burocrazia non esiste, anzi, in molti posti oltre ai Vigili del Fuoco non si è visto nessuno e meno che mai televisioni e media; non tutto fa “spettacolo” per quanto macabro possa essere, non tutto viene dato in pasto agli spettatori. Quattro case ridotte a cumuli di macerie non fanno lo stesso effetto della distruzione di Amatrice o Norcia.
Eppure anche qui ci sono stati dei morti, anche qui ci sono attività ridotte al nulla, persone che in un attimo hanno perso quanto costruito in una vita di tanti sacrifici e duro lavoro, in un territorio bello quanto difficile, dove l’inverno è già arrivato da settimane ed il domani pare identico alle nuvole di polvere che si alzano al cielo dopo ognuna delle infinite e continue scosse.

E’ impossibile descrivere a parole quanto visto e le sensazioni provate in questi luoghi, perché solo vivendolo di persona ci si rende conto della realtà, di ciò che la gente sta passando giorno dopo giorno, e se in tanti si sono espressi per la ricostruzione, dopo gli ulteriori avvenimenti che hanno coinvolto un’ancor più ampia zona, si è come ricominciato da capo e riviste tutte le considerazioni e previsioni fatte circa un veloce ritorno alla normalità.
La giornata è lunga ma arriva al termine, il camion è vuoto e per quanto sia dura pensare a quello che abbiamo vissuto, c’è dentro ognuno la soddisfazione di esserci, di aver portato un piccolo, infinitesimale aiuto a chi tanto ne ha bisogno; il rientro è carico di ricordi e non manca la commozione anche quando raggiungiamo la base di partenza e ci salutiamo per tornare alle nostre case.

Abbiamo vissuto tre giorni straordinari da portare con noi per sempre, insieme ai ricordi di gente cui saremo sempre debitori dell’orgoglio regalatoci.

Testo e foto a cura di Carlo Benedicenti

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Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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