La lotta al femminicidio in Italia non può essere affidata solo alle donne. Il cambiamento dev’essere condiviso da tutta la società. Per questo la cultura è un veicolo fondamentale di contrasto: scuola, educazione familiare, istituzioni e media hanno il compito di trasmettere il messaggio che la parità non è una conquista bensì un diritto umano e che il femminicidio non ha giustificazioni o moventi passionali né può trovare alibi di nessun tipo. Simbolico in questo senso è la campagna “Questo non è amore” della Polizia di Stato, ideata per invitare le vittime a denunciare le violenze prima che sia troppo tardi.

L’attenzione tuttavia, va spostata anche verso gli uomini: una vera prevenzione, infatti, non può limitarsi a educare chi ha subito soprusi, ma deve necessariamente agire su chi compie qualsiasi gesto che ne lede la libertà e la vita, mascherando paradossalmente il femminicidio con l’amore.

Quanto vale la vita di una donna? Bastano le misure repressive ora in vigore per salvare una vittima? Fatti alla mano, il più delle volte non bastano; perché solo in alcuni casi, considerati da “codice rosso”, si tramutano negli arresti domiciliari e, poi, nel divieto di avvicinamento. I moventi più frequenti rilevati nel reato di femminicidio sono la gelosia patologica, il possesso, l’abbandono e la frustrazione. Reati, questi, che costituiscono di solito l’origine dei più gravi episodi legati al mondo femminile.

In Italia i dati Istat mostrano che il 31,5% delle donne ha subìto nel corso della propria vita una qualche forma di violenza fisica e/o sessuale. Le donne uccise dal partner – informa Femminicidio Italia – sono state 72 nel 2018, 69 nel 2019, 69 nel 2020, 57 nei primi undici mesi del 2021. Anche il lockdown ha contribuito ad aumentato il livello di violenza.

Un vero e proprio stillicidio che ha consegnato alle cronache donne vittime principalmente della gelosia. Un dato – che dimostra come si stia arrivando a una maggiore consapevolezza rispetto alle minacce – è che sono aumentate nel 2020 le donne che si sono rivolte al numero anti violenza: 60 ogni 100mila abitanti; rispetto alle 44 del 2019. Mentre da gennaio 2021 a oggi i contatti diretti sono stati 62. Nell’anno in corso la Lombardia è caratterizzata dal più alto tasso di femminicidi, seguita da Emilia Romagna e Sicilia. Un segnale inquietante.

Nonostante questi numeri fino a quando non si affronterà in maniera seria il tema della prevenzione, non si riuscirà a fermare nessuno di questi assassini né, tantomeno, a evitare che la violenza sia trasmessa a ogni generazione. 

Il vice Direttore Ugo Vandelli – Foto Imagoeconomica

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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