Il 1° novembre è la festività cristiana di Tutti i Santi, popolarmente conosciuta come Festa di Ognissanti: in questa giornata si festeggia infatti la gloria di tutti i Santi, anche quelli non canonizzati.

Inizialmente questa festività aveva origini pagane ed era collegata alla celebrazione celtica detta SAMHAIN (parola gaelica che significa “fine dell’estate” e che corrisponde al capodanno celtico). In Irlanda la parola Samhain veniva utilizzata per indicare il mese di novembre e nel contesto dei cicli naturali corrisponde all’ultimo periodo dell’anno: veniva festeggiato accendendo grandissimi falò nell’auspicio di un inverno pieno di abbondanza. I celti dividevano l’anno solare in due periodi: quello della rinascita della natura – festeggiato nel mese di maggio, e quello nel quale la natura andava in letargo (che corrispondeva alla morte, alla quiete della natura) – festeggiato in autunno. Questi cicli venivano chiamati rispettivamente Beltane e Samhain.

Dal punto di vista religioso Papa Gregorio IV nell’835 tentò di tramutare la festa pagana in festa cristiana, sapendo però che non era possibile abolire le tradizioni pagane senza scatenare l’ira del popolo, fedele ad antichi rituali: istituì quindi la festa di Tutti i Santi il primo novembre, giorno successivo al Samhain e introdusse una nuova festività, quella dedicata ai morti, il 2 novembre.

Nel 1475 la festività di Ognissanti venne resa obbligatoria in tutta la Chiesa cattolica da Sisto IV. Il culto pagano, però è sempre sopravvissuto nella cultura dei popoli europei fino ai giorni nostri.
Il 31 ottobre è uno dei 4 sabba (ritrovo di streghe e stregoni che celebravano riti magici e orgiastici): i primi tre sabba segnano il tempo per le stagioni “benefiche” (il risveglio della terra dopo l’inverno, il tempo della semina, il tempo delle messe), mentre il quarto demarca l’arrivo dell’inverno e la “sconfitta” del sole (freddo, fame, morte).
Per analogia, visto che si tratta di una festa celtica, il nome Halloween (in irlandese Hallow E’en) deriva dalla forma contratta di All Hallows’ Eve, dove Hallow è la parola arcaica inglese che significa Santo: la vigilia di tutti i Santi, quindi Ognissanti.
Altri la definirono Nos Galan-Gaeaf, cioè “momento in cui si poteva creare la comunicazione e il passaggio tra il mondo dei vivi e quello dei morti”, paragonabile ad un portale di connessione tra le due dimensioni.

Oggi questa festività è sicuramente cambiata: già dalle prime ore della mattina e per tutta la giornata milioni di persone in tutta Italia si recano nei cimiteri per porgere un mazzo di fiori, un saluto ed una preghiera ai propri cari. Le tradizioni però variano da regione a regione: quasi ovunque è tradizione mangiare le “Fave dei Morti”, pasticcini alla mandorla; in Campania si preparano ancora dolcetti o torroncini morbidi a forma di cassa da morto; in Veneto i fidanzati per tenere lontano i momenti tristi e malinconici regalano alle loro fidanzate le “Favette dei morti” come pegno d’amore e augurio di lunga vita; in Emilia Romagna è ancora in uso recarsi di casa in casa per chiedere cibo per calmare le anime dei defunti; in Toscana è usanza fare regali ai bambini, lasciare un piccolo dono sul comodino facendo credere che siano stati portati dai defunti; nel centro e sud Italia vengono preparate spesso cene e banchetti per tutti i familiari e al termine vengono lasciate alcune porzioni di cibo fuori dalle porte o dalle finestre per i defunti che sarebbero venuti in visita.

Addirittura, in alcuni paesini dove le tradizioni sono ancora molto vive, si consuma un pasto vicino alla tomba del caro defunto.
Spesso i bambini sono i protagonisti di queste festività andando a chiedere casa per casa una piccola offerta per i defunti, in cambio viene dato loro pane casereccio, frutta secca, di stagione, dolci e caramelle.

A cura di Barbara Comelato – Foto Redazione

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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