Al suo posto oggi c’è la libertà dell’IO, la legge del caos.
Avere fede è un rischio, ma tra l’essere e il nulla, scegliamo di rischiare.
E scommettiamo sul divino.
E allora, può anche accadere, che il premier Conte passi tre intere giornate sulla tomba di Padre Pio a San Giovanni Rotondo, e Luigi DI Maio baci la teca con il sangue di San Gennaro a Napoli, aprendo cosi’ una pagina nuova sui rapporti tra politica e religione in Italia.
In quelle ore, chissà, i due forse avrebbero avuto i loro buoni motivi per essere altrove, a parlare di riforme o di legge di Stabilità invece erano da un’altra parte, tuffati nella religiosità popolare, tra santi e reliquie.

Nella seconda repubblica, con l’avanzare delle questioni bioetiche, il rapporto della politica con la religione si è quasi azzerato.
Ognuno è andato per conto suo, anche se il confronto ha conquistato schiere di “atei devoti”, desiderosi di difendere principi etici da posizioni lontane dalla Chiesa.
Ma, al momento di decidere, le indicazioni ecclesiastiche non uscivano dalle sagrestie.
Basti pensare all’approvazione delle leggi sulle unioni civili. La separazione fra Stato e Chiesa sembrava compiuta, anche perchè l’unità politica dei cattolici è ormai un lontano ricordo, e l’ascendente dei parroci sugli elettori è svanito.
Invece, come per magia, ecco premier e ministri che cambiano paradigma e riabilitano la sensibilità religiosa.
Adesso però, mi pare, che non ci sia ne’ Chiesa ne’ dottrina, ma piuttosto una loro caricatura, un populismo religioso che pesca nelle masse devote, spesso ignare del confine tra fede e superstizione.

E c’è pure, aggiungo, un abile esibizione della pratica religiosa, perchè accanto al bacio della reliquia compaiono il rosario e il Vangelo agitati nei comizi di Matteo Salvini come talismani contro l’invasione islamica.

Ma Dio dove si è nascosto?
Non lo trovi in giro nella vita della gente, non lo trovi nel pensiero, non lo trovi neanche in Chiesa, da qualche tempo.
Il vuoto che lascia è gigantesco, tutta la nostra vita si svolge attorno a quel buco nero.
Nel tempo degli dei scomparsi, s’addice dunque la nostalgia e non si tratta della nostalgia dell’Olimpo, del politeismo pagano, ma la nostalgia dei gradini verso il divino è la nostalgia degli Intramontabili mentre noi tramontiamo, la nostalgia dell’Eterno e dell’Origine.
Avere più dei significa riconoscere principi plurali, e non consegnarsi a un solo dio terreno.
E’ come dire, che in terra noi non possiamo conoscere l’assoluta Verità, ma solo frammenti.

In questa luce chi è Dio?
E’ il nome che diamo alla nostra mancanza, è ciò che non siamo e non possiamo!
In Dio rivediamo il Padre, come Nietzsche vide la morte di Dio nella morte di suo padre.
Nella Madonna vediamo nostra madre, partita per il suo viaggio estremo, stringendo tra le mani il rosario.

Illusioni, superstizioni?
Meglio che il nulla, sostenne Vico, perchè la superstizione è quel che resta, superstite, di verità perdute.
Oggi, è doveroso immergersi nel nostro presente, sociale e politico.
La scienza o la fisica, non confuta ne’ conferma Dio, si limita a spostare i confini dell’ignoto.
Ci lascia col cerino in mano e a noi tocca scommettere su Dio o sul Nulla.
Dio è un rischio, diceva il vecchio Prezzolini.
Ma nell’incertezza tra l’Essere e il Nulla, tra Dio e la sua inesistenza, si scommette su Dio.
In Dubio pro Deo!

A cura di Sandra Vezzani editorialista – Foto Marco Iorio

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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