Danza e cinema, grandiosità delle produzioni hollywoodiane e sapienza tutta italiana nella ricerca del bello. C’è un poco di tutto questo nella storia di Nino Graziano Luca che dopo studi approfonditi, è approdato nientemeno che alla Disney. Per la major americana ha curato due gli intermezzi ballati di “Rosaline”, l’ultimo kolossal del marchio – diretto da Karen Maine – che racconta la vicenda d’amore tra Romeo e Giulietta da un altro punto di vista: quello appunto di Rosaline, la prima “fidanzata” del coraggioso e sfortunato Montecchi. Per mettere in scena la sua arte, Graziano si è affidato a sedici ballerini del Corpo nazionale di danza storica, da lui diretta.

Conosciamo allora un po’ meglio questo orgoglio del nostro star system. Affascinato dal mondo del balletto, si dedica allo studio della storia dell’arte per poi esordire come regista e conduttore del “Gala della Danza” con Vladimir Derevianko e l’English National Ballet. E’ solo il primo di una lunghissima serie di lavori “di apprendistato” che lo portano in giro per l’Europa, anche per completare gli studi intrapresi per la laurea in “Discipline delle Arti Musica e Spettacolo” presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’università di Bologna. Sono gli anni in cui si specializza nella cosiddetta “danza storica”, uno studio basato sui testi antichi giunti fino a noi. Una passione che lo spinge a fondare e dirigere, dal 2000 la Compagnia Nazionale di Danza Storica.

Ciao Nino e benvenuto. Hai iniziato all’università a studiare danza e spettacolo dal punto di vista storico: come è scattata questa scintilla?
Il mio innamoramento per la danza risale alla prima metà degli anni Ottanta, guardando “Maratona d’Estate” e la grande Vittoria Ottolenghi, con la quale mai avrei immaginato di interagire professionalmente e culturalmente, come poi è invece accaduto. Da lì a poco, finito il liceo, decisi d’iscrivermi all’Università di Bologna, frequentando in contemporanea corsi di recitazione, dizione, regia, illuminotecnica, danza. Il mio obiettivo era crearmi una formazione all’americana cos’ da poter scegliere poi l’attività in cui mi sentissi più all’altezza.

Sei stato il presentatore di tanti eventi diversi: dal “World of Fashion”, al Premio Letterario Internazionale Viareggio Repaci, al Puccini. Come ti prepari a ogni occasione e cosa ti entusiasma maggiormente nella relazione tra moda, danza e costume?
La fase che prediligo maggiormente, quando lavoro ad un progetto da direttore artistico, è quella in cui, seduto al mio computer, costruisco ogni singolo passaggio di un evento, dalla scelta della location ideale, agli artisti da coinvolgere, al repertorio musicale, coreico, teatrale fino ai costumi, alla comunicazione e alle personalità da invitare. Quando mi chiamano come regista e presentatore di situazioni organizzate da altri, miro prevalentemente all’armonizzazione dei vari momenti della messa in scena, al ritmo complessivo, alla costruzione di contenuti, al coordinamento coreografico. Quando questi progetti uniscono moda, costume e danza, l’entusiasmo – dovuto alla mia convinzione che queste tre arti, ciascuna a loro modo, siano espressione massima del “bello” – cresce.

Hai partecipato anche a “Moda Movie”, che celebra la relazione tra fashion, cinema e arti, attraverso l’estro di talenti creativi emergenti. Come si riconosce, a tuo avviso, la qualità e cosa vuol dire, oggi, essere creativi in un mondo così tecnologico e per certi versi omologato?
“Moda Movie” è un grande progetto culturale che si fonda sulla collaborazione con Università e Accademie e realizza eventi, mostre, workshop. Quanto alla tecnologia, è vero che fornisce ai creativi degli strumenti in più, ma talento e creatività, oggi come in passato, si manifestano o si nutrono allo stesso modo. Le persone creative sognano ad occhi aperti, intravedono possibilità e occasioni a ogni angolo, definiscono orari di lavoro su misura, sanno trarre vantaggio dagli eventi della vita (anche da quelli negativi), cercano nuove esperienze, cadono, ma sanno rialzarsi, utilizzano la solitudine in maniera costruttiva, sono attratti dai cambi radicali, trovano il tempo per la meditazione ma, soprattutto, si circondano di bellezza.

Cosa significa secondo il tuo punto di vista, oggigiorno, fare “comunicazione” nel nostro Paese?
Nell’epoca in cui si parla sempre più di “fake news”, la comunicazione oggi, si basa sempre più sulla necessità di essere totalmente sinceri. Solo così si costruisce e consolida una reputazione. La condivisione di una notizia secondo tutti i crismi delle strategie comunicative può andare a buon fine; ma se è profondamente sincera, se il comunicatore che la dice è credibile, risulterà perfetta. Oggi come ieri dunque, il mix tra comunicazione sincera e comunicatore credibile è un’endiadi imprescindibile.

Recentemente il tuo percorso si intrecciato con il magico mondo Disney…
L’incarico mi è stato assegnato da Karen Maine, la regista americana del film Disney Rosaline, che mi ha scelto per curare due coreografie all’interno del film, la vera storia di Romeo e Giulietta, che narra le vicissitudini della fidanzata di Romeo: lei fa di tutto per non lasciarsi scappare il suo innamorato, persosi dietro alla bella Capuleti. Il film è un adattamento del romanzo di Rebecca Serle “Io, Romeo & Giulietta”. Nella tarda primavera del 2020 ho ricevuto una telefonata in cui mi parlavano di un film internazionale al quale probabilmente avrei potuto lavorare come coreografo: pochi giorni dopo mi sono ritrovato di fronte a Karen, donna di grande talento e cordialità. Nel dialogo con lei ho immaginato di realizzare due coreografie dallo stile fresco e contemporaneo, in cui ci potessero essere dei rimandi alla tradizione coreica rinascimentale. Questa mia proposta le è piaciuta immediatamente. Poi ho letto il libro e l’ho trovato davvero piacevole e curioso a modo suo, visto che narra da un punto di vista nuovo una storia immortale. La Serle racconta una storia appassionante, prevalentemente indirizzata al mondo giovane, intrisa di amore e di amicizia, in cui sembra che il lettore sia incoraggiato a fare delle scelte, come quella di credere sempre nell’amore e lottare per esso, anche quando pare che sia del tutto inutile.

Per rifarti a questo stilema del passato, a cosa hai attinto?
Si tratta di un lavoro coreografico completamente nuovo, ma chi conosce i Manuali come il “De arte saltandi et choreas ducendi” di Domenico da Piacenza, il “De Pratica seu arte tripudii” di Guglielmo Ebreo da Pesaro, ci ritrova un uso del corpo, uno sviluppo dei movimenti, un linguaggio delle pose che in alcuni passaggi rievocano le atmosfere delle Corti in cui i due lavorarono.

Quanti sono gli interpreti del tuo Corpo di Ballo che hanno preso parte alle scene per il film “Rosaline”?
La produzione, per via anche degli spazi che sarebbero stati usati, mi ha richiesto 16 danzatori (8 ragazze e 8 ragazzi) con i quali durante le prove e nel corso delle riprese si è creato un clima meraviglioso, altamente professionale, rispettoso ma anche umano, vero, spontaneo. Tengo a sottolineare che ho coinvolto solo ballerini italiani, di livello veramente alto. I miei assistenti in questo lavoro sono stati i bravissimi e talentuosi Debora Bianco e Stefano Capitani.

L’accoglienza della regista è stata notevole?
Certamente ero un poco teso al momento di presentarle ma tanto la regista che il resto della produzione americana ha accolto la vostra proposta con entusiasmo. Sono bastati alcuni secondi per convincerla e solo pochi giorni dopo abbiamo potuto provare la nostra partecipazione al film con gli splendidi costumi di scena. Questi sono veramente belli e si incastonano perfettamente nella cornice scenografica dove poi sono state girate le scene, ovvero la fantastica Villa dell’imperatore Adriano a Tivoli, alle porte di Roma.

Una produzione americana – targata nientemeno che Disney – con però un bel pezzo d’Italia e di quella buona. Stiamo parlando di Rosaline, kolossal del 2022 tratto dal libro “When You Were Mine” di Rebecca Serle e diretta da Karen Maine. Una storia nuova, anzi antica: quella del legame tra Romeo e Giulietta ma vista attraverso gli occhi della ragazza che da il titolo all’opera, la fidanzata del giovane Montecchi che cerca, in qualche modo, di salvare la sua storia d’amore. e che c’entra in tutto ciò l’Italia? C’entra grazie alla professionalità e al riscontro internazionale per il lavoro di Nino Graziano Luca, nome forte della danza nostrana, studioso prima ancora che coreografo della derivazione storica del balletto. A lui la regista ha affidato alcuni passaggi chiave “danzati” della storia.

Abbiamo chiesto a Nino di raccontarci qualcosa di questa esperienza.
Eravamo a circa metà del 2020 quando ho ricevuto una chiamata che mi avvertiva che avrei potuto intervenire in una grande produzione internazionale in qualità di coreografo. Era, evidentemente, una grande opportunità che ho colto al volo. Poco tempo dopo ho incontrato personalmente Karen Maine con la quale ci siamo intesi subito. Conosceva almeno alcuni passaggi dei miei lavori, mi ha spiegato il tema del film ed espresso la sua idea su cosa si aspettasse da me per queste due coreografie che ho immaginato subito come pezzi freschi, contemporanei, ma che avessero anche un occhio al passato, basandosi sul rigore storico. Per crearle mi sono rifatto ai miei studi sulla danza del passato e mi sono avvalso dell’aiuto di 16 ballerini del mio corpo di ballo con i quali abbiamo subito creato un feeling personale e professionale fortissimo, tanto da realizzare un prodotto di livello alto.

Un prodotto che – una volta sottoposto alla regista e ai produttori – ha incontrato subito il loro favore
Non nascondo che al momento di mostrare quanto avevamo preparato fossi un poco nervoso. Per quanto sia, è inevitabile che questo accada. Però sono bastati pochi secondi perché apprezzassero apertamente il lavoro che avevamo svolto. Una gran bella soddisfazione per le ragazze e i ragazzi del corpo di ballo e per me. Poi, dopo solo pochi giorni, abbiamo indossato i costumi e siano andati a filmare le nostre performance in una location, per di più, straordinaria, come la Villa di Adriano a Tivoli. Emozione su emozione, direi.

Per ispirarti, oltre ai tuoi studi sul passato, hai anche letto il romanzo…?
Subito dopo l’incontro con Karen Maine, ho letto la versione in italiano “When You Were Mine” intitolata “Io, Romeo e Giulietta”. Una lettura piacevole. Mi incuriosiva che una delle più grandi storie d’amore potesse essere raccontata da un nuovo punto di vista, quello di Rosaline per l’appunto. In effetti, andando avanti con la lettura, mi sono reso conto che l’autrice ha saputo raccontate una storia nota a tutti ma sotto una luce diversa, inattesa e affascinante, riuscendo a dirigerla verso i giovani, con anche delle lezioni di vita importanti.

Adesso parliamo di te. Come nasce la passione per la danza?
Nasce… dalla tv. Sono stato affascinato da “Maratona d’estate” lo storico programma RAI condotto da Vittoria Ottolenghi, con cui poi ho avuto la incredibile fortuna di poter lavorare. A quel punto era scattata la scintilla e all’università ho scelto di studiare Storia della Danza e a approfondire il lavoro dei grandi coreografi e danzatori che hanno fatto la fortuna di questa arte. Mi sono in particolare appassionato allo sviluppo del ballo dal medioevo al rinascimento, attraverso i testi che ci sono pervenuti come il “De arte saltandi et choreas ducendi” di Domenico da Piacenza oppure il “De Pratica seu arte tripudii” di Guglielmo Ebreo da Pesaro.

Tutto questo ti ha portato a essere un’autorità nel genere.
Una volta capito che questa era la mia strada mi sono gettato a capofitto nel lavoro. Nel 2000 è ho fondato la “Compagnia Nazionale di Danza Storica” di cui sono , presidente e direttore artistico.

Hai anche scritto un libro
Sì, si chiama “Gran Balli dell’800. Da Via Col Vento al Gattopardo” (Armando Curcio Editore) e sostanzialmente è il risultato di vent’anni di studio in tutta Europa sul tema della danza, ma anche della moda e del bon ton nel corso di un paio di secoli, tra il tardo ‘700 e gli inizi del ‘900. Sono molto felice, perché il volume ha ottenuto i patrocini della Presidenza del Consiglio dei Ministri e dell’Ambasciata d’Austria ed è stato presentato tra l’altro alla Camera dei Deputati. Nell’ottobre del 2017, giunto alla quinta ristampa, è stato pubblicato in versione economica e nel 2019 è stato tradotto in inglese.

A cura di Ilaria Solazzo – Foto Redazione

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui