Secondo l’ultimo rapporto dell’organizzazione “Reporter senza frontiere”, Rsf, quest’anno sono stati 110 i giornalisti che hanno perso la vita. Ma molti di essi, in controtendenza rispetto agli anni passati, non sono morti in zone di guerra bensì in Paesi formalmente privi di conflitti.

Delle 110 persone uccise, 67 sono state eliminate mentre stavano svolgendo il proprio lavoro, mentre 43 hanno perso la vita in circostanze ancora da chiarire. Secondo l’organizzazione, questo dato sarebbe allarmante proprio perché eliminerebbe il discrimine tra il rischio assunto con consapevolezza dagli inviati di guerra ed i “semplici cronisti” che operano in Paesi non in guerra ma dove la criminalità teme la stampa.

Risulta anche la perdita di 27 cosiddetti “citizen journalist” non professionisti, e sette tra cameramen, tecnici e fonici, esposti agli stessi rischi dei reporter. La minaccia principale viene dai cosidetti “gruppi non statali” come i jihadisti dell’Isis. Nel 2014 due terzi dei giornalisti uccisi svolgevano il loro lavoro in zone di guerra. Nel 2015 invece “due terzi sono stati eliminati in Paesi in pace”, afferma il rapporto di Rsf, che vuole che venga nominato “un rappresentante speciale del segretario generale dell’Onu per proteggere i reporter”.

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui