MUORE SANDRO PERTINI STORIA DI UN PRESIDENTE CON LA PIPA

Dalla Resistenza all’esultanza allo stadio Bernabeu, Alessandro Pertini, da tutti chiamato “Sandro”, ha sicuramente caratterizzato la storia dell’Italia recente e di noi italiani, rappresentandone le caratteristiche ed i tratti più peculiari.
La sua esultanza da ragazzino, al di fuori di ogni Sede istituzionale e, diremmo oggi, “politically correct”, è rimasta impressa, entrando dallo schermo nelle case degli italiani, nell’episodio del gol che ci consacrò campioni del Mondo nel 1982, quando si alzò dalla tribuna con le braccia alzate sotto lo sguardo raggelato del cancelliere tedesco.

Piaceva per questo, Sandro Pertini. Per quella schiettezza, quella sfrontatezza mai volgare e davvero genuina. Per quel suo modo, diretto e senza tanti giri di parole, usato per esprimere concetti e pensieri politici.
Con lui, davvero gli italiani potevano ritenere, a ragione, di aver trovato una persona che li rappresentasse e che ne esprimesse i desideri e le aspirazioni più intime.

Compresa quella dell’onestà e della semplicità. Sembra strano, ma, con i tempi che corrono, parlare di tali virtù, che dovrebbero appartenere a tutti, politici e non, è non solo doveroso, ma necessario. Per rimarcarne la differenza e con la speranza che il loro ricordo possa in qualche modo riportarli in vita.
Già il suo modo di intervenire direttamente nella politica, anticipa il personaggio e la sua personalità ed è una novità assoluta per il ruolo di Presidente della Repubblica.

È il primo Capo di Stato a dare l’incarico di formare il governo a un politico non democristiano e, in occasione del terremoto in Irpinia, arriva a criticare apertamente l’operato del governo (già, il coraggio di denunziare apertamente ingiustizie ed iniquità). La moglie non lo segue al Quirinale e Pertini, la sera, torna nella sua mansarda di 30 metri quadri sopra la Fontana di Trevi.

Comportamenti di sobrietà e rispetto delle Istituzioni che farebbero impallidire chiunque, ai nostri giorni.
Indro Montanelli lo ricordò così: “Non è necessario essere socialisti per amare Pertini. Qualunque cosa egli dica o faccia, odora di pulizia, di lealtà e di sincerità. Ci mancherà tutto di lui”.

Il rigore morale, la difesa della libertà e dei diritti dei lavoratori furono i valori che incarnò per tutta la vita con straordinaria coerenza. Con un’ attenzione particolare per i giovani, a cui si rivolgeva in tanti suoi discorsi, e che accoglieva quotidianamente al Quirinale. Rispondere alla domande dei bambini, diceva, era l’ incombenza più piacevole tra tutte quelle imposte dalla sua carica.

Differenza abissale dai politici attuali e dal loro modo di pensare e di comportarsi.
Avrebbe odiato fare prediche, Pertini: si sforzava di distribuire esempi. E allora eccone uno tra tanti, raccontato da Enzo Biagi: “Andai a trovarlo alla Camera, di cui era presidente. Bevemmo un caffè, e lui accennò a pagare.
Ma gli uscieri glielo impedirono. Un finimondo. Lui si offese a morte, protestò. E alla fine riuscì a saldare il conto”. Era un uomo onesto, e non aveva bisogno di urlarlo.

Italiano in tutto, anche nei tratti non proprio virtuosi.
Un po’ vanesio; mediamente nervoso, se non irascibile; spiccatamente teatrale.
Come quando si precipitò, sinceramente commosso, nell’Irpinia terremotata o davanti al pozzo di Vermicino; come quando si alzò per il secondo gol degli azzurri, le mani al cielo a stringere l’immancabile pipa; o quando tornò con l’aereo dalla Spagna improvvisando uno scopone con Zoff, Causio e Bearzot. Per la cronaca, lui e Zoff persero quella partita, ma la foto divenne uno dei simboli del Novecento italiano e nei mesi successivi le vendite di mazzi di carte schizzarono alle stelle. Era il 1982, l’estate dei Mondiali- Sandro Pertini venne consacrato nelle canzoni dell’epoca: nell’estate di Sotto la pioggia di Antonello Venditti: “Il presidente dietro i vetri un po’ appannati fuma la pipa.

Il presidente pensa solo agli operai sotto la pioggia” e nel melodramma canoro L’Italiano di Toto Cutugno:“Buongiorno Italia, gli spaghetti al dente/ un partigiano come presidente”.
Il suo segreto era questo: la normalità. Non aveva toni professorali, non sembrava parte dei giochi della politica, era vicini agli italiani. Nazional popolare è il termine più usato, ma non in accezione negativa. Nessun altro è rimasto nell’immaginario collettivo con altrettanta forza ed è stato ricordato con lo stesso affetto.

A cura di Avv. Costantino Larocca editorialista – Foto Imagoeconomica

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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