Circa quattro ore prima dell’urto della barca è sceso nella stiva uno dei due pakistani e ci ha detto che dopo tre ore saremmo arrivati a destinazione. Si è ripresentato un’ora prima dello schianto dicendoci di prendere i bagagli e prepararci a scendere visto che eravamo quasi arrivati. Poi, all’improvviso il motore ha iniziato a fare fumo, c’era tanto fumo e puzza di olio bruciato“.

Inizia così il drammatico racconto di uno dei superstiti del naufragio di domenica all’alba a cento metri dalla spiaggia di Steccato di Cutro. L’uomo ha riferito quanto accaduto agli inquirenti che indagano sulla tragedia costata la vita a 64 persone, con decine di dispersi. Sono tre i sospetti scafisti arrestati. Un quarto uomo è soltanto indagato. A tutti sono contestati gli stessi reati: omicidio e naufragio colposi e favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.

La gente nella stiva iniziava a soffocare e a salire su – racconta ancora il superstite nei verbali – Ho fatto in tempo ad afferrare mio nipote e a salire in coperta dopo di che la barca si è spezzata e l’acqua ha iniziato a entrare. Quando sono salito senza più riscendere, sotto c’erano circa 120 persone tra donne e bambini. Ho visto che il siriano e due turchi hanno gonfiato un gommone e sono scappati“.

Eravamo quasi arrivati… Sani e salvi. Poi, la barca ha battuto contro qualcosa e si è spezzata e capovolta. Siamo caduti tutti in acqua. C’era chi gridava, chi è annegato subito, altri hanno provato a  raggiungere la riva. È stato terribile“, ricorda un altro superstite che si trova al Cara.

Dai racconti e dai verbali emergono la ricostruzione di quegli istanti terribili e parole che descrivono l’orrore, storie di gente in fuga.

Tutti parlano di quella stiva tanto piena – c’erano almeno 150 migranti – che due scafisti “ci facevano salire per respirare per poi farci scendere sotto la barca“.

Un’imbarcazione “anomala”, in legno e a fondo piatto, diversa dalle barche a vela con bandiere “di cortesia” che arrivano dalla Turchia facendo scalo nelle isole greche e dai motopesca in ferro che partono dal Libano per sbarcare sulle coste calabresi o pugliesi lungo la rotta ionica, in quello che da anni è noto come fenomeno degli “sbarchi fantasma”. È il primo riscontro ottenuto dagli investigatori che indagano sul naufragio nel Crotonese.

La task force congiunta di squadra mobile della Polizia di stato, Carabinieri di Crotone e sezione operativa navale della Guardia di finanza di Crotone, coordinata dalla Procura cittadina, ha confermato questa mattina la notizia dell’individuazione di tre presunti trafficanti di uomini che avrebbero condotto il barcone dalla Turchia in Italia in condizioni meteo-marine di pericolo partendo il 22 di febbraio da Izmir in Turchia: si tratterebbe di un cittadino turco e due pakistani che avrebbero chiesto per il viaggio 8mila euro a testa ai migranti.

Il riconoscimento dei presunti scafisti sarebbe avvenuto grazie all’individuazione fotografica da parte dei sopravvissuti sentiti.

Intanto, da tutta l’Europa stanno giungendo alla Questura di Crotone richieste di informazioni su vittime e superstiti del naufragio. Si tratta di familiari, parenti, amici delle vittime che sanno o ipotizzano che sul barcone ci fosse un loro caro e chiedono notizie per conoscerne le sorti.

Nessuna segnalazione telefonica è mai pervenuta ad alcuna articolazione della Guardia Costiera dai migranti, presenti a bordo della citata imbarcazione, o da altri soggetti come avviene in simili situazioni“. È quanto precisa la Guardia Costiera, riguardo ad alcune notizie di stampa che parlano di zone d’ombra nella macchina dei soccorsi. “La sera di sabato 25 febbraio un velivolo Frontex avvistava un’unità in navigazione nel Mar Ionio. L’unità risultava navigare regolarmente, a 6 nodi e in buone condizioni di galleggiabilità, con solo una persona visibile sulla coperta della nave – dice la nota diffusa dalla Guardia Costiera. Il velivolo Frontex inviava la segnalazione al punto di contatto nazionale preposto per l’attività di law enforcement, informando, tra gli altri, per conoscenza, anche la Centrale operativa della Guardia costiera di Roma“. “A seguito di tale segnalazione, la Guardia di Finanza comunicava l’avvenuta attivazione del proprio dispositivo, già operante in mare, per intercettare l’imbarcazione – aggiunge -. Alle 4.30 circa, giungevano alla Guardia Costiera alcune segnalazioni telefoniche, da parte di soggetti presenti a terra, relative ad un’imbarcazione in pericolo a pochi metri dalla costa. I carabinieri, precedentemente allertati dalla Guardia di Finanza, giunti in zona, riportavano alla Guardia costiera l’avvenuto naufragio”. “Questa è la prima informazione di emergenza pervenuta alla Guardia Costiera riguardante l’imbarcazione avvistata dal velivolo Frontex”, si precisa nella nota. La Guardia costiera sottolinea che “nessuna segnalazione telefonica è mai pervenuta ad alcuna articolazione della Guardia costiera dai migranti, presenti a bordo della citata imbarcazione, o da altri soggetti come avviene in simili situazioni”. “A seguito delle segnalazioni ricevute, veniva immediatamente attivato il dispositivo Sar, sotto il coordinamento della Guardia costiera di Reggio Calabria, con l’invio di mezzi navali e aerei, uomini e mezzi terrestri, nella zona indicata – conclude -. Le attività di ricerca e soccorso in mare proseguono senza soluzione di continuità anche con impiego di squadre di sommozzatori e con il concorso dei vigili del fuoco e delle Forze di Polizia”.

Sul tragico naufragio a Crotone, e su eventuali lacune nei soccorsi, “c’è un’indagine in corso, nella quale bisogna avere fiducia e alla quale nessuno si sottrae: tutto è agli atti dell’autorità giudiziaria e io riferirò tutto quello che sarà possibile e mi impegno sin da adesso a darvi aggiornamenti anche periodici”. Lo dice il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, rispondendo alle domande al termine della sua audizione in commissione Affari costituzionali al Senato. “Ho una grande considerazione del lavoro che fanno i nostri soccorritori e non ho motivo per ritenere che ci possano essere stati degli errori o delle omissioni”, aggiunge Piantedosi.

A cura di Elisabetta Turci – Foto Imagoeconomica

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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