Oddio, e il bambino dove lo mettiamo?
L’inizio della fase 2, con il ritorno al lavoro, rischia di gettare nel panico le famiglie italiane.
Dal 4 maggio lo scenario è: aziende aperte, scuole chiuse, e nonni sotto sequestro nei loro appartamenti, diffidati dal vedere chiunque.

Francamente, un po’ surreale la situazione!
Il governo si accinge pure a vietare agli ultrasessantenni di uscire di casa, ma nel contempo tiene chiuse le scuole per proteggerli, come se sui banchi ci andassero i nonni e non i nipoti.
E dei bambini, ne vogliamo parlare?

Qualcuno si sta chiedendo come stanno vivendo, e cosa pensano di questo momento così sconvolto, e sconvolgente?
In questo tempo sospeso, e in questa scuola che non è scuola, l’obiettivo principale degli adulti pare che sia solo quello che i bambini restino sereni, senza ansie, e, per quanto possibile, di buon umore.
Da piu’ di un mese e mezzo più di 8 milioni di studenti in Italia sono a casa; tra loro, 2 milioni e mezzo di bambini delle elementari.

Le scuole hanno quasi tutte attivato la didattica a distanza, ma ognuna con i propri tempi e i propri mezzi, qualche ora al mattino, qualche ora al pomeriggio, un giorno sì, e l’altro no.
Per i più piccoli è pure complicato seguire una videolezione in diretta; a casa si distraggono e si annoiano.
Ce la mettono tutta, ma hanno bisogno di un genitore che smanetta al computer.

Per non parlare poi di chi non ha neanche l’accesso a internet: un terzo delle famiglie, secondo l’Istat.
Proviamo a ripercorrere , mettendoci nei loro panni, il lungo cammino fatto: all’’inizio era sembrata una vacanza, una lunga coda del carnevale.
Poi la vacanza e’ finita di colpo, Milano, e a seguire tutte le città italiane e non solo, hanno cominciato ad apparire deserte, al parco non si poteva piu’ mettere piede, e se per strada si incontrava un bambino era proibito salutarlo con un abbraccio.

I nonni poi , anche solo andandoli a trovare, si poteva farli ammalare.
E fu così, che, nel giro di poche ore, la vita dei nostri figli è cambiata e loro si sono ritrovati, più o meno inconsapevoli, a disegnare arcobaleni da appendere alle finestre, mentre fuori sbocciava la primavera.
E nelle loro teste cosa è accaduto?
I bambini, soprattutto i più piccoli, hanno bisogno di sicurezze, di spiegazioni semplici e chiare, che possano essere ricondotte alla percezione del mondo.

Vivono nel presente, non pensano a quello che accadrà domani, cosa che invece in noi adulti in quarantena comincia a preoccupare e a generare angoscia.
Per capire cosa succede nelle loro menti bisognerebbe capire anche cosa succede nella mente degli adulti che stanno con loro.

Ci saranno conseguenze relazionali che dureranno a lungo.
Toccante la frase di una bimba di 7 anni, Elena, di una scuola elementare che alla domanda: Ti piacciono le tue maestre? Risponde “Tantissimo”.
E tu manchi a loro?
Tantissimo.

Elena non ha dubbi: “Prima i compiti li facevo meglio, ora mi annoio”.
Al ritorno sui banchi, credo, che gli insegnanti dovranno fare tesoro di questa esperienza e riflettere: è il momento di fare un passo indietro per farne uno avanti, verso i ragazzi.
Anche i docenti dovranno diminuire il loro ego.
Avranno imparato dal “corona” un atteggiamento più ecumenico?
Chissa’, ma sicuramente una cosa e’ certa: l’umanità è più importante del rendimento scolastico e di finire i programmi.

A cura di Sandra Vezzani – Fotolia

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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