SENATO, DICHIARAZIONI PROGRAMMATICHE, DIBATTITO E VOTO DI FIDUCIA AL GOVERNO MELONI

La discussione nella maggioranza di governo rimane aperta. E a sciogliere i nodi della manovra economica, nei prossimi giorni, sarà una cabina di regia a cui la Presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha dato il via libera. Sono 3.000 gli emendamenti in commissione. E quello che si registra in modo concreto alla Camera è che l’accordo non scritto tra maggioranza e opposizione per limitare il numero delle proposte di modifica resta, per ora, solo sulla carta.

FdI, Lega, Fi e Noi Moderati hanno presentato complessivamente oltre 600 proposte (285 Fratelli d’Italia, 151 della Lega, 136 da Forza Italia, 45 i Centristi). I partiti della coalizione di maggioranza  hanno, dunque, deciso di porsi un limite e dare un’ulteriore scrematura con l’indicazione dei cosiddetti segnalati, ovvero quelli considerati prioritari. Il tetto è fissato a 450 emendamenti, 250 di opposizione e 200 di maggioranza. La partita è complicata anche dai tempi stretti per il dibattito (si va in Aula il 20 dicembre) ma soprattutto dalle esigue risorse a disposizione: il tesoretto di 400 milioni a disposizione per le modifiche parlamentari delle quali una parte da destinare alle richieste dell’opposizione per provare a garantire alla manovra un percorso meno accidentato.

Da ridefinire, tra le questioni in ballo, ci sono Opzione donna, il congedo parentale (con l’estensione del mese in più di congedo pagato all’80% anche ai papà), l’innalzamento delle pensioni minime e la norma sulla decontribuzione per chi assume giovani. E anche la proroga del Superbonus, su cui spinge soprattutto Forza Italia. Su un paio di punti, però, Giorgia Meloni non ha lasciato margini: la difesa dell’innalzamento del tetto per l’obbligo di Pos e quello del limite dei contanti. Sul primo bisognerà “tenere conto dell’interlocuzione con l’Europa” ma l’intenzione del governo – ha detto – è di non “snaturare la norma” perché va difesa “la libertà di scelta dell’esercente”, semmai si può valutare qualche ritocco. Quanto alla seconda, ha ribadito, il 2010 – anno in cui la soglia era proprio a 5mila euro – è stato quello con l’evasione più bassa. “Nessun segnale di lassismo” sulla lotta all’evasione, dice la premier che con i sindacati rivendica il provvedimento (sottolineando la sorpresa di trovare da parte loro sulla questione del Pos la stessalinea di Bankitalia “e delle banche che ci guadagnano”) e la scelta di concentrarsi su chi in questa fase rischiava di “non farcela”.

Le aperture del governo non bastano a Cgil e Uil.  Maurizio Landini, leader della Cgil, parla di “generica disponibilità” sui vari temi, in primis la rivalutazione delle pensioni che, contestano i rappresentanti dei lavoratori, intaccano redditi bassi. Il segretario della Uil Pierpaolo Bombardieri commenta caustico: “La premier apre tavoli, ma con i tavoli non si mangia”. Il fronte sindacale però resta spaccato e mentre i due sindacati confermano la mobilitazione e gli scioperi territoriali (si parte il 12 in Calabria, si chiude a Roma il 16), la Cisl si mantiene su una linea di dialogo per “migliorare” la manovra (il 15 farà un’assemblea dei suoi delegati).  Uno sciopero contro la manovra “è legittimo ma in questa fase secondo noi è sbagliato perché scarica sacrifici sui lavoratori e trasferisce tensioni su aziende già in difficoltà”, critica Luigi Sbarra, segretario Cisl. Per poi puntualizzare: “Il sindacato non è diviso, ma è plurale. Ci sono differenti giudizi sulla manovra, come l’anno scorso, ma questo non toglie che ci sia un comune sentire su grandi traguardi strategici”.

Intanto, le opposizioni vanno all’attacco. Corposo il pacchetto di proposte di modifica del Pd con quasi mille emendamenti (957). “Meno tasse sul lavoro e salario minimo. Quattordicesima pensionistica e Opzione donna. Più soldi per sanità e scuola. Transizione 4.0 e credito d’imposta per investimenti Sud. Stop condoni e norme su Pos e contante. Più tasse sugli extraprofitti” sono gli emendamenti Dem riassunti dal responsabile economico Antonio Misiani.

Dal Terzo Polo ne arrivano 311. “Giorgia Meloni merita il rispetto di tutti perché ha vinto le elezioni. Adesso bisogna vedere se fanno sul serio o no. Se continuano parlare di Pos, contante e altre minuzie, non si va da nessuna parte”, dice il leader di Italia viva, Matteo Renzi. “La legge di bilancio non funziona. Noi parliamo, discutiamo e facciamo emendamenti. Calenda è stato molto più serio di Conte. Ha studiato, ha presentato alla Meloni cinque proposte, poi vediamo se le accoglie o no. C’è da prendere il Mes, sono 37 miliardi di euro”.

Dal M5s c’è la promessa di battaglia “per invertire radicalmente la rotta della manovra in favore di persone in difficoltà e per una maggiore equità fiscale” e uno “tsunami parlamentare” di 772 emendamenti. Il leader del Movimento Cinque Stelle Giuseppe Conte, accusato di fomentare la rabbia sociale, soprattutto a proposito del Reddito di cittadinanza, replica in un’intervista al Corriere: “Chi ci accusa è in malafede. È una polemica strumentale”.  E parla di “sciacallaggio”. Ma dopo le minacce arrivate a Giorgia Meloni, e ad altri esponenti del governo, l’attenzione di Palazzo Chigi (e non solo) resta alta e puntata sui rischi di un inasprimento delle tensioni sociali e di un’escalation delle contestazioni nelle piazze.

A cura di Elisabetta Turci – Foto ImagoEconomica

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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