“Il 14 marzo, alle due e quarantacinque pomeridiane, dirà Friedrich Engels al cimitero di Highgate il 17 marzo del 1883, ha cessato di pensare la piu’ grande mente dell’epoca nostra.

L’avevamo lasciato solo da appena due minuti, e al nostro ritorno l’abbiamo trovato tranquillamente addormentato nella sua poltrona, ma addormentato per sempre. Non è possibile misurare la perdita che questa morte rappresenta per il proletariato militante d’Europa e d’America, nonche’ per la scienza storica. Non si tarderà a sentire il vuoto lasciato dalla scomparsa di questo titano”.

Il mio incipit non può che essere così, affidato all’amico e compagno di tante lotte intellettuali che ne ricorda la genialità e l’impegno: così come Darwin ha scoperto la legge dello sviluppo della natura organica, Marx ha scoperto la legge dello sviluppo della storia umana, cioè il fatto elementare, sinora nascosto sotto l’orpello ideologico, che gli uomini devono innanzitutto mangiare, bere, avere un tetto e vestirsi, prima di occuparsi di politica, di scienza, d’arte, di religione.

Ma non è tutto, Marx ha anche scoperto la legge peculiare dello sviluppo del moderno modo di produzione capitalistico e della societa’ borghese da essa generata, la scoperta del plusvalore ha subitamente gettato un fascio di luce nell’oscurità in cui brancolavano prima, in tutte le loro ricerche, tanto gli economisti classici, che i critici socialisti.

Ricordo, negli anni 70’ il mio primo sciopero, ricordo gli studenti e gli operai di picchetto di fronte alla porta del mitico “Liceo Classico Torricelli” di Faenza, con il Preside, barricato dentro, che ci minacciava di sospenderci tutti.
Sono orgogliosa, oggi, di aver fatto il primo sciopero della storia di quel liceo, e in quel preciso istante, coi compagni e le compagne di classe io, come lui, mi sono sentita una “ rivoluzionaria”!

Sì, perchè Marx prima di tutto era un rivoluzionario.

Contribuire in un modo o nell’altro all’abbattimento della societa’ capitalistica e delle istituzioni statali che essa aveva creato, contribuire all’emancipazione del proletariato moderno, al quale, egli, per primo, aveva dato la coscienza delle condizioni della propria liberazione: questa e’ stata la sua reale vocazione.
La lotta era il suo elemento.

Ed ha combattuto con una passione, e con una tenacia ottenendo un successo soprattutto nelle menti dei giovani.
Marx è stato l’uomo più odiato e calunniato del suo tempo: i governi assoluti e repubblicani lo espulsero, i borghesi, conservatori e democratici radicali, lo coprirono a gara di calunnie.
Egli sdegnò tutte queste miserie, è morto venerato, amato, rimpianto da milioni di compagni di lavoro, rivoluzionari in Europa e in America, dalle miniere siberiane sino alla California.

Il suo nome vivrà nei secoli, e così pure la sua opera.

Di lui, qualche tempo fa, ebbe a dire Immanuel Wallerstein: “Esiste una vecchia storia su Marx che dice che ogni qual volta si cerca di buttarlo fuori dalla porta, lui rientra dalla finestra“.

E’ quanto sta accadendo anche in questi anni.
Marx è ancora fondamentale per quanto ha scritto a proposito del capitalismo, in questa fase di crisi economica e sociale le sue osservazioni sono ancora attuali, oggi affrontiamo problemi rispetto ai quali egli ha ancora molto da insegnarci.
Ecco perchè, nonostante quanto era stato predetto nel 1989, assistiamo alla sua rinnovata popolarità.

Marx è vivo e lotta insieme a noi.
Marx è morto, viva Marx!

In fin dei conti, quale migliore significante se non quello di “ alienazione” per racchiudere questo stato di smarrimento e di estraneazione a cui siamo sottoposti?
Lui, che di straniamento dell’Essere in relazione al lavoro se ne è occupato molto prima di noi.

Chissà cosa penserebbe oggi il nostro filosofo a vederci consumare le nostre vite dal lavoro, ingobbiti sulla scrivania, in smart-working nella nostra camera, dietro uno schermo, senza proferire parola alcuna, ne’ guardare negli occhi il nostro interlocutore.

Nell’articolazione del suo pensiero chiaramente il lavoro non era da intendersi come “disgrazia” da evitare come la peste, al contrario poteva vantare un aspetto edificante, se inteso come momento dialettico dell’oggettivazione, e cioe’ come gratificazione, ricavata dal prodotto del nostro impegno/tempo dedicato all’attività svolta“.

Il momento negativo del processo, semmai, quello che avrebbe definito “alienante” sarebbe stato l’oggettificarsi del lavoratore, che diventa “cosa”, appunto.

Siamo nel 2021, è inutile dire quanto questo rappresenti il quadro più fedele a quello odierno, e se a tutto ciò aggiungiamo ore extra non pagate, perchà svolte da casa, e il diritto alla non reperibilità h 24 completamente calpestato e ignorato da tutti, la situazione si complica mica poco.

In pillole, l’enorme eredità, di cui il pensiero di Marx ci ha omaggiato, è il fatto che, senza la sua filosofia materialistica, oggi probabilmente non avremmo i mezzi per interrogarci su quanto ci interessa diventare ingranaggi di una grande macchina, rinunciando alla nostra essenza.

Non interrogarsi significherebbe, a mio parere, venire meno alla mancanza di influenza decisionale, e quindi suggellare la non-libertà dell’individuo, privarlo di un suo diritto inalienabile.
Le macchine ci stanno sostituendo nelle mansioni da svolgere (povero Marx), non si salva nemmeno più l’accezione positiva di lavoro, secondo cui l’individuo, prende coscienza di sè, anzi pare proprio che si stia entrando in un vicolo cieco.
Nel concreto, innovazione dopo innovazione, con un piede sull’acceleratore del progresso tecnologico, si corre verso lo schianto finale.

Voglio pensare positivo, e facendo tesoro della filosofia marxista, auspico la nascita di un qualche piano B, di ricollocazione dell’attivita’ umana, di quei mestieri che cesseranno di esistere, e soprattutto di come sopperire alla perdita di milioni di posti di lavoro.
Marx è stato un rivoluzionario, ma è stato anche un romantico, perchè aveva un sogno, e io quel sogno lo condivido in toto, e cioè, che anche ai giorni nostri abbiamo “un arma”; qualcuno penserà debole, ma pur sempre un arma, che può diventare rivoluzionaria, se condivisa, ed è la “presa di coscienza”.

Nessun apparecchio tecnologico, nemmeno il più avanzato potrà mai privarcene.
Nè esiste modo di produzione capace di annientarla, ed è l’unica che e’ ancora in tempo per fare la differenza, forse.
E allora Marx è morto, viva Marx!

A cura di Sandra Vezzani – Foto The Week

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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