Marilyn Monroe, il mito biondo di Hollywood, icona universale di bellezza e sensualità era nata il primo giugno 1926 a Los Angeles e aveva vissuto i primi anni della sua vita con la madre, Gladys Pearl Monroe, inferma mentale.

Poi era passata da una casa-famiglia all’altra, subendo maltrattamenti e violenze. La sua morte ancora misteriosa, avvenuta a soli 36 anni, il 5 agosto 1962, fu classificata come suicidio. Venne trovata senza vita nel letto della sua abitazione dove viveva sola con la sua governante Eunice Murray e subito, il suo volto perfetto divenne mito, anche grazie alle serigrafie pop che le dedicò Andy Warholnel 1967.

I don’t mind living in a man’s world, as long as I can be a woman in it” “Non m’importa di vivere in un mondo di uomini purché possa viverci da donna”, è una delle sue frasi più celebri. Si mostrò forte, ironica, intelligente. “Vado a dormire con due gocce di Chanel N.5″, disse, prendendo in giro la stampa nel 1954, perché, in fondo, era sempre la solita Norma Jean Mortenson Baker, tre mariti (il primo, James Dougherty, sposato nel 1942, seguito da Joe Di Maggio nel 1954 e da Arthur Miller nel 1956), decisa a raggiungere il successo con impegno e forza di volontà.

E lo fece anche, in un mondo dominato dagli uomini come quello del cinema negli anni ’50, curando nei dettagli la propria immagine, il trucco, i capelli. E rendendola così intramontabile.

Come sono intramontabili alcune scene dei suoi film, ripetute ed emulate all’infinito. Da quella dell’abito bianco plissé sollevato dall’aria della metropolitana in “Quando la moglie è in vacanza” a quella in cui canta Diamonds Are a Girl’s Best Friend in “Gli uomini preferiscono le bionde“, con addosso un altro vestito iconico, questa volta rosa. E poi in “Niagara”, “Fermata d’autobus”, “A qualcuno piace caldo” con cui vinse un Golden Globe come migliore attrice in un film commedia.

Era il 1959, dieci anni dopo il debutto in “Orchidea bionda”, ma la felicità è un’altra cosa.

Vorrei essere felice. Ma chi lo è? Chi è felice?“, diceva. Le pesarono i ripetuti aborti, il non essere riuscita ad avere una famiglia che ardentemente voleva, non avendone mai avuta una. E cominciarono i ritardi sul set, i ricoveri per abuso di farmaci. Per rispettare il contratto con la Fox, che prevedeva per lei quattro film, accettò di apparire in Facciamo l’amore (Let’s Make Love), diretto da George Cukor, riscritto in parte da Arthur Miller, all’epoca suo marito.

Nel luglio del 1960, sotto il caldo del deserto del Nevada, cominciarono le riprese de Gli spostati (The Misfits), diretto da John Huston, con Clark Gable, Montgomery Clift, Eli Wallach e Thelma Ritter. La sceneggiatura del film era un regalo di San Valentino di Miller per la moglie anche se quando cominciarono le riprese, i due si erano già lasciati. Fu l’ultimo film completato da Marilyn Monroe, di salute sempre più cagionevole.

A cura di Samanta Costantini – Foto Getty Image

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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