La lotta ai rifiuti ha assunto connotati catastrofici: più del 70% dei rifiuti marini è depositato nei fondali italiani e il 77% è costituito da plastica.
L’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) e il Sistema per la protezione dell’Ambiente (Snpa) lanciano un grave allarme sulla base dei risultati emersi dal monitoraggio della qualità dei nostri mari.

Il mare di Sicilia, con 786 oggetti rivenuti e un peso complessivo superiore ai 670 kg, è tra le discariche sottomarine più grandi del Paese, seguita dalla Sardegna con 403 oggetti nella totalità delle 99 cale e un peso totale di 86,55kg. Oltre l’emergenza La situazione – viene spiegato dall’Ispra – appare molto grave” e varia da area ad area e in base alle zone monitorate. Questi risultati si possono considerare “la prima base conoscitiva di riferimento sulla quantità dei rifiuti marini nei diversi comparti (fondali marini, colonna d’acqua e spiagge)”.

Infatti “nei fondali rocciosi, dai 20 ai 500 metri di profondità, le concentrazioni più alte di rifiuti sul fondo si rilevano nel mar Ligure (1500 oggetti per ogni ettaro), nel golfo di Napoli (1200 oggetti per ogni ettaro) e lungo le coste siciliane (900 oggetti per ogni ettaro)”.

I fondali sono discariche – “Allarmante la situazione dei fondali italiani – osserva l’Ispra – nella regione Adriatico-Jonica la media degli scarti rinvenuti supera i 300 rifiuti ogni kmq, dei quali l’86% è plastica, in particolare usa e getta (il 77%). Imballaggi industriali e alimentari, borse-shopper e bottiglie di plastica, comprese le retine per la mitilicoltura, sono i rifiuti più comuni.
L’area costiera a sud del delta del Po (983 rifiuti al kmq), quella settentrionale (910 rifiuti al kmq) e meridionale (829 rifiuti al kmq), di Corfù e le acque di fronte a Dubrovnik (559 rifiuti al kmq) sono le località” di quest’area “con la maggiore densità di rifiuti in fondo al mare”.

Plastica onnipresente – Complessivamente ogni anno circa 8 milioni di tonnellate di plastica finiscono in mare, di cui il 7% nel Mediterraneo. I risultati emersi dal monitoraggio dell’Ispra, nell’ambito del progetto europeo Medsealitter nel 2017 e nel 2018, mostrano l’andamento della densità dei macrorifuti galleggianti in alto mare, vicino alla fascia costiera, e vicino alla foce dei fiumi. I dati raccontano che “la foce dei fiumi presenta il maggior quantitativo di rifiuti galleggianti (più di 1000 oggetti per kmq) e vicino la costa tra i 10 e i 600 oggetti per kmq. Più ci si allontana in mare aperto e più il numero di oggetti scende da 1 a10 per kmq.

Il ruolo dei pescatori – Nelle reti dei pescatori si trovano più scarti che pesci. Sono state raccolte nell’Adriatico 194 tonnellate di rifiuti in 6 anni. Lo afferma l’Ispra in base ai risultati di un monitoraggio sulla spazzatura marina. Sul tema è in discussione alla Camera il Ddl Salvamare che in sostanza consente ai pescatori di portare a terra i rifiuti tirati su nel corso della loro normale attività di lavoro. “E’ stata fondamentale la collaborazione dei pescatori nel monitoraggio dei fondali marini condotta in Adriatico dal 2013 al 2019 – viene spiegato dall’Ispra -. Sono state rinvenute nelle reti di 224 pescherecci coinvolti in due progetti di ricerca europei, Defishgear e Mlrepair, 194 tonnellate di rifiuti incastrati”.

E avverte l’Ispra: “La situazione non migliora salendo in superficie. Le quantità di macroplastiche rinvenute raggiungono una densità media che oscilla tra i 2 e i 5 oggetti flottanti per chilometro quadrato, mentre la densità media delle microplastiche, ossia le particelle più piccole, è compresa tra 93 mila e 204 mila microparticelle per Kmq”. Non va meglio lungo spiagge e litorali nazionali che ospitano dai 500 ai 1000 rifiuti ogni 100 metri di spiaggia.

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui