Sarò monotono, ma da quanto iniziando un articolo non possiamo/riusciamo a tralasciare la parola Covid?

Purtroppo però questa è la realtà e quindi, qualunque sia l’argomento, non ci si può esimere dal tenere conto di questa maledetta pandemia che, oltre tutto, è ben lungi dall’essere debellata o finita.

Anche il settore alimentare è stato dunque investito dalla crisi, pur se mangiare si deve per forza e quindi produttori e trasformatori della materia prima hanno comunque potuto in qualche modo almeno difendersi, non senza rinunce e difficoltà, ma almeno non ci si è dovuti fermare completamente. mentre non altrettanto fortunati sono coloro che hanno improntato le loro attività sull’export, settore questo quasi paralizzato.

Quella dell’agroalimentare, considerando anche la trasformazione, è dunque una medaglia che presenta due facce, e non può essere diversamente tenendo appunto conto di quanto accaduto e di come il settore abbia molteplici sfaccettature e variegature, non sempre sia al passo con i tempi e, spesso, sia stato oggetto di polemiche e diatribe con l’UE, anche in tempi recenti.

Purtroppo anche nel settore gli italiani sono spesso poco avvezzi a considerare e rispettare le regole, andando così incontro a sanzioni che sarebbe bastato poco per evitare; certo non è facile sbarcare il lunario, lavorare e fare sacrifici per poi veder andare tutto a remengo, però la storia è anche troppo spesso scritta da gente poco seria a discapito di chi fatica, e questo va sempre considerato.

Torniamo però a noi, alla nostra alimentazione ed a cosa, il coronavirus, ci ha “quasi” costretti, ovvero a considerare ancora di più i prodotti a km 0, magari non per risparmiare (visto l’aumento dei prezzi), ma per poter finalmente prendere in considerazione l’utilizzo di generi alimentari stagionali, senza ricerca delle primizie, dell’esotico, che spesso soddisfano le nostre voglie (magari molto più del palato).

Ecco, se possiamo considerarlo tale, un lato positivo c’è stato, visto che ci ha fatto ritrovare abitudini ormai dimenticate, prodotti che erano scomparsi o quasi dalle nostre usanze alimentari, permettendo così ai produttori di respirare, di avere un domani per le loro aziende, le loro famiglie.

Diverso, come dicevo innanzi, il discorso dell’export, già oggetto di difficoltà e paletti messi spesso ad arte, perché il made in Italy è assai apprezzato dai consumatori, molto meno dalla concorrenza estera, tanto appunto da essere oggetto di vere e proprie faide, di imitazioni per la maggior parte pessime, di iniziative inique come dazi e controlli limitanti.

Purtroppo è sempre difficile difendersi da questi atti assurdi e la pandemia ha di fatto accentuato le problematiche, quasi che la diffusione non dipendesse solo dagli italiani “untori” ma anche da tutti i prodotti made in Italy, come se il parmigiano o il vino fossero portatori di Covid invece che eccellenze inimitabili e sane, anzi, sanissime!

Il settore alimentare italiano è in molti casi davvero un’eccellenza, anche se purtroppo pure parlando di questo argomento vanno segnalate anomalie di cui non andare orgogliosi e che passano troppo spesso quasi in silenzio, perché è la politica a generarle, alla faccia della salute dei consumatori, ovvero della nostra salute.

Il contesto è preoccupante ed anche cambiato recentemente, cioè da quando si è deciso di aumentare notevolmente la quantità di idrocarburi utilizzati nei fertilizzanti, passati da 50 mg/Kg a ben 1.000 mg/Kg, e che ci sia di mezzo una Regione “virtuosa” come la Lombardia è stupefacente? Così come a fronte di un intervento della Cassazione, il precedente Governo abbia inserito il tutto nel famoso Decreto Genova, che da un ponte si è così allargato a dismisura, e di cui anche l’attuale Governo non ha cambiato una virgola.

Petrolio usato nei fanghi che diventano fertilizzanti? Ebbene si, ma da un valore di 50 a 1.000 un po’ di differenza c’è o no? Non sono un esperto e quindi posso solo avere paura di un provvedimento del genere e mi sorge spontanea una domanda: il crollo del Ponte Morandi, per dolo, ha causato più di quaranta morti, l’uso di una quantità spropositata di prodotti certamente nocivi, quanti morti potrà causare?

Quindi i “giudici” che hanno condannato senza processo chi è certamente colpevole, come possono guardarsi allo specchio e lavarsi la coscienza (ammesso ce l’abbiano) diventando a loro volta carnefici non certo migliori?

Il Direttore responsabile Maurizio Vigliani – Fotolia

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Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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