“Il malinconico decennio ’90-’00 della Nazionale Italiana vista dagli occhi di un Millennial”

Serata del 13 novembre 2017, in un bar di Cervia,
al fischio finale di Italia-Svezia 0-0

“Ma cosa ne sapete voi giovani di delusioni sportive! Questo è nulla, rispetto a quello che passammo noi tifosi della nazionale negli anni ’90! Ma d’altra parte siete solo dei ragazzini! Non capireste…”- urlava, visibilmente scosso, un signore sulla 50ina al bar verso di noi, un gruppo di ragazzetti disperati e affranti per la mancata qualificazione dell’Italia ai Campionati del Mondo che si sarebbero tenuti l’anno seguente in Russia.
Io, appena 19enne, assistivo alla scena quasi paralizzato; la mia Nazionale non era stata ammessa ai Mondiali di calcio del 2018. Quello che fin’ora era sempre stato per me un lontano incubo si era trasformato nella cruda realtà. In verità, avvertii il primo campanello d’allarme nel 2015, quando viddi i tifosi Olandesi disperati nel vedere la loro selezione calcistica arrivare quarta nel girone di qualificazione di EURO 2016, e, di conseguenza, non essere ammessa agli europei di Francia.

“Quindi anche le squadre forti come l’Olanda possono mancare la qualificazione alle massime manifestazioni per nazionali” pensai stupidamente, inconscio che ad esempio, la Francia, nel trentennio dal ’62 al ’94, non era riuscita a qualificarsi in ben 6 Europei e 5 Mondiali. Nella mia mente, l’esclusione dai prestigiosi tornei, era cosa riservata esclusivamente a squadre di “Serie B”, ovvero rappresentative di paesi che non sapevano neanche cosa significasse stare sul gradino più alto del podio, e, per loro, qualificarsi a una manifestazione continentale o mondiale era già un traguardo sensazionale; mentre per noi Italiani, per forza di cose, i gironi di qualificazione erano sempre stata una “pratichetta poco più che formale”, da sbrigare velocemente, almeno fino a quel fatidico giorno di metà autunno.
Le parole del signore al bar del mio paese, continuavano a frullarmi per la testa immediatamente dopo che le ebbe pronunciate, a casa un’ora dopo, e in piena notte.

Quel “che ne sapete voi giovanotti” mi aveva offeso, quasi indignato, perchè io, nonostante fossi uno dei giovanotti da egli citato, mi sentivo quasi immedesimato nei panni di quel signore, perché io quegli avvenimenti li conoscevo più che bene, erano fantasmi che periodicamente tornavano nella mia mente, i fantasmi del quartetto ’90-’94-’98-’00, 4 eliminazioni, una più cocente e assurda dell’altra; le prime 3 ai calci di rigore e la quarta con il maledetto Golden Goal. “Ma che ne sa un ragazzo di appena 22 anni della sofferenza durata un decennio che abbiamo passato noi tifosi della nazionale italiana degli anni ’90?”. Dubbio più che lecito, infatti in 3 occasioni su 4 non ero neanche venuto al mondo e nella quarta non avevo neanche 2 anni e non ho ovviamente ricordi di quella finale di Rotterdam.

Ma partiamo dal principio. Già da ragazzino, intorno ai 14 anni, iniziavo a sentir parlare attraverso discussioni udite nei vari circoli sportivi di queste partite maledette decise dal fato beffardo, che in 4 vicinissime occasioni hanno condannato l’Italia a uscire in malo modo da Mondiali ed Europei.

La cosa, però, mi colpiva il dovuto, e mi limitavo a rimanere incredulo per la sfortuna impressionante della nazionale Italiana in quel periodo, senza approfondire, né l’argomento, nè il metodo dell’eliminazione. In ogni modo, a colpirmi in modo devastante, ci avrebbe pensato la finale di Euro 2012, prima competizione internazionale da me seguita dall’inizio alla fine, che si sarebbe conclusa nel peggiore dei modi: 4-0 per le furie rosse sugli azzurri, e terzo titolo consecutivo in 4 anni in bacheca per loro.

Passò qualche anno, e io, praticamente come ogni ragazzo, mi munì di uno smartphone con connessione a internet a portata di mano.
Era un pomeriggio piovoso, e io, come al solito in quelle giornate, stavo perdendo tempo su Youtube, quando ad un tratto mi impattai in un video highlights della semifinale di Euro 2000; Italia-Olanda. Lo aprii e mi trovai davanti una partita che di normale non aveva assolutamente nulla.
Al 34esimo espulsione di Zambrotta, semifinale già praticamente compromessa.
Rigori assegnati all’Olanda al 38′ e al 62′, prima Toldo poi il palo mantengono il risultato sullo 0-0. Da non credere.
Si va ai supplementari, poi ai rigori.

Gli olandesi sbagliano i primi calci di rigore, non gliene va bene una. Su 6 rigori calciati tra tempi regolamentari e lotteria dagli 11 metri, ne sbagliano 5 su 6. Incredibile. L’italia, tra un’espulsione, parate surreali e un cucchiaio era riuscita a portare a casa la partita.
Così mi precipito a vedere la finale del torneo, che sapevo già avremmo perso, ma ero comunque curioso di vedere come erano andate le cose in quell’Italia-Francia del 2 luglio 2000, finita 2-1 per i Transalpini, punteggio abbastanza comune pensai; stupidamente mi aspettavo un dominio dei Blues per larga parte della partita, condito da 2 marcature e una rete segnata dall’Italia magari nei minuti finali.
Guardo gli highlights e noto che Toldo era rimasto il Muro della semifinale e l’Italia giocava molto bene, tanto che al 55′ trova il vantaggio con Delvecchio, con Del Piero che successivamente sprecò una chiarissima occasione da gol.
La mia previsione si rivelò errata.

Proseguendo il video notai in alto a sinistra che era il 93esimo, e gli azzurri conducevano ancora la partita, per 1-0; i miei occhi sapevano che gli sarebbe spettato il peggio.

Giusto pochi attimi dopo aver fatto questa riflessione, su una disattenzione del successivo eroe capitano a Berlino che avrebbe alzato la Coppa proprio davanti ai Francesi, Wiltord segna il rocambolesco gol del pareggio. Si va ai tempi supplementari. Del Piero si mangia un altro gol, e Trezeguet insacca al 103′, game over, aveva vinto la Francia.

Ero shockato ma allo stesso tempo avvolto da una sensazione unica; quello che avevo appena visto mi era sembrato così surreale e ai limiti dell’impossibile da farmi nascere una specie di attrazione per queste vittorie sfiorate del decennio ’90-’00 di cui avevo sentito parlare, attrazione per il concetto stesso di vittoria sfiorata. Così, in quel pomeriggio, mi divorai velocemente gli highlights dei percorsi “verso l’eliminazione” degli azzurri a Italia’90, Usa’94 e Francia ’98. Ripeto, ignaro del metodo di eliminazione.

Vidi il percorso svolto nel mondiale casalingo del 1990 dalla Nazionale di Azeglio Vicini, che passò agevolmente i gironi, gli ottavi e i quarti, grazie anche ad un formidabile Salvatore Schillaci. Successivamente si imbattè nell’Argentina di Diego Armando Maradona, proprio al San Paolo, in semifinale.

Dopo 120 minuti il risultato era 1-1, con gol, per gli azzurri, del solito Schillaci, così si andò ai rigori; furono fatali gli errori di Donadoni e Serena, che costarono alla nazionale italiana l’approdo nella Finale nel mondiale casalingo. Incredibile, ancora una volta quella sensazione così malinconica; così decido di andare avanti.

Era il turno dei Mondiali di Usa’94; stavolta il CT è Arrigo Sacchi, e il trascinatore è un certo Roberto Baggio, che, per tutta la durata dei rocamboleschi gironi, che l’Italia chiuse a pari punti con altre 2 squadre ma che comunque passò, “battè la fiacca”, per poi svegliarsi più decisivo che mai dagli ottavi di finale in poi, dove eliminerà la Nigeria con una doppietta, la Spagna ai quarti con un gol a 3 minuti dallo scadere e l’incredibile Bulgaria in semifinale, sempre con una doppietta. Baggio aveva conquistato, in pochi minuti, la mia ammirazione; rare volte avevo visto un giocatore in un così pieno stato di grazia. Poi arrivo ai momenti salienti della finale con il Brasile, 0-0, definita da molti come una delle finali più soporifere della storia dei mondiali. Sapevo già dal titolo del video che avremmo perso ai rigori, di nuovo, aspettavo solo di vedere chi avrebbe sbagliato.

Furono decisivi gli errori di Baresi, di Massaro, e proprio il suo, quello di Roberto Baggio.
A fine gara mi riavvolse quella strana indecifrabile sensazione e mi concentrai sugli sguardi di Franco Baresi e di Roberto Baggio; il primo, difensore di caratura mondiale, che a 34 anni fece i salti mortali per riprendersi dall’infortunio al menisco di appena 25 giorni prima, ed essere presente in quella finale, ed il secondo, trascinatore indiscusso della Nazionale in quella spedizione statunitense.
Entrambi sbagliarono il rigore e condannarono l’Italia al secondo posto. Non avevo mai assistito a qualcosa di simile in una partita di pallone, con il fato così crudele e senza pietà.

Quasi inconcepibile.
Mi rimaneva da visionare solo il mondiale di Francia ’98.
Altro mondiale, altro highlights sulla piattaforma rossa di Google.
A questo giro, il commissario tecnico era Cesare Maldini. Il copione dei gironi sembrò quello di Italia’90; passaggio del turno abbastanza comodo, da primi. Agli ottavi segnò il gol della vittoria per 1-0 contro la Norvegia l’appena eletto Pichichi di Spagna con l’Atletico Madrid, Christian Vieri.
Poi si giunse ai quarti di finale: era l’ennesimo Italia-Francia. Finisce 0-0 dopo i tempi supplementari, con uno splendido golden-goal sfiorato dall’eterno Roberto Baggio.

Da titolo apprendo che per l’ennesima volta sarebbero stati i rigori, i maledetti rigori, a eliminare l’Italia, la terza volta consecutiva ai mondiali; l’errore decisivo questa volta è di Luigi Di Biagio, che colpì quella traversa, che ancora oggi vibra a Saint-Denis.
E niente, in un pomeriggio avevo rivissuto quello che i tifosi della Nazionale italiana degli anni ’90 avevano vissuto in un decennio colmo di sofferenze e di occasioni sfiorate.

Subito dopo mi sono messo ad ascoltare “Un’estate italiana”,(brano storico e canzone ufficiale del mondiale di Italia ’90 di Bennato e della Nannini) fissando il soffitto, mentre dentro di me sentivo attanagliarsi quella fortissima sensazione di nostalgia malinconica; e intanto ripensavo alle “notti magiche” mancate dagli Azzurri in quelle 4 occasioni.

Il rigore di Serena, il rigore di Baggio, il rigore di Di Biagio, il Golden Gol di Trezeguet.
Sembravo un over 50 in preda a una crisi legata ai ricordi andati di gioventù, che non sarebbero più tornati.
I fantasmi di queste partite mi avrebbero tormentato anche una volta chiuso Youtube.
Da quel giorno, praticamente ogni settimana, nonostante segua assiduamente le partite del calcio moderno, devo spendere qualche ora per documentarmi sempre meglio su tutti gli episodi avvenuti in quelle, ormai passate e datate, manifestazioni internazionali, riguardandomi sempre più accuratamente highlights e vecchie videocassette reperite in giro, e ricevendo, ogni volta, una quasi inspiegabile enorme scarica di malinconia, che si va a mischiare al continuo fascino che provo, riguardo al concetto di “Vittoria sfiorata”, e in generale all’amore verso il calcio del passato.
Questa è la mia storia, un ragazzo poco più che ventenne, che gli anni ’90 calcistici gli ha solo appena sfiorati, ma che si emmedesima perfettamente, in quello scorbutico signore di 50 anni al bar, che, seppur anch’egli sofferente per la clamorosa eliminazione della nazionale, fa notare ai giovani che non sanno realmente cosa siano le delusioni sportive, piuttosto che ai giovani stessi, che si disperano di fronte a quel fatale 0-0 di San Siro contro la rappresentativa svedese.

E intanto, non riesco a togliermi dalla testa la canzone di Bennato e della Nannini, che continua ad avere un enorme significato per me.

a cura di Giacomo Giunchi – Foto Imagoeconomica

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui