Sono arrivato al 36esimo ritiro del Toro, è dal 1986 che seguo i granata in ritiro per un periodo variabile dai due giorni alle due settimane e quest’anno, dopo le figuraccie in serie degli ultimi 18 mesi, lo stimolo per andare era vedere mister Juric perchè dai tempi di quando allenava il Mantova un amico tifoso del Toro, competente in materia calcistica, non perdeva occasione per dirmi che sarebbe stato l’allenatore giusto per noi

Devo dire che sono rimasto favorevolmente sorpreso, perchè dirige l’allenamento in prima persona e non si limita a seguire quello che fa il suo staff come faceva Mihailovic oppure limitarsi a qualche esercitazione come faceva Mazzarri; era dai tempi di Ventura che non si vedeva un mister così presente nella gestione dell’allenamento, anche se i tipi di calcio proposti da Juric e Ventura sono diametralmente opposti.

Poi anche il modo con il quale lo dirige mi ha colpito, difficilmente sta zitto, motivando, correggendo, apprezzando, indicando e sopratutto cazziando sempre con tono fermo e deciso, quando si lavora con lui non sono ammesse pause, non ha certo la proprietà della lingua come un professore d’italiano ma nelle sua semplicità di linguaggio è chiaro e comprensibile. Nei rari momenti in cui non parla osserva spesso in ginocchio o accovacciato oppure seduto su un pallone e questo modo di mettersi mi piace perchè non ha bisogno di atteggiamenti altezzosi per esprimere la sua leadership.

Scambia impressioni solo con il suo vice Matteo Paro che è sempre a disposizione pur rimanendo nell’ombra, ma si vede che di lui Juric ha una grandissima stima e considerazione.

Entrando un pò più nello specifico dei suoi allenamenti, si nota una maggiore intensità, forse sconosciuta per l’universo granata negli ultimi decenni, che dovrebbe portare o meglio riportare il Torino vicino alla sua tradizione di squadra tremendista che è sempre stato il suo DNA sopratutto nel secolo scorso. Questa cosa al di là della classifica finale (si sono salvati per due anni senza correre, se corrono mal che vada si salvano un pò prima) sarebbe positiva per riallacciare il legame tra la squadra e la gente che rappresenta.

Dal punto di vista tattico non lascia niente al caso, ha ben presente in ogni momento cosa deve fare il singolo giocatore e prima i giocatori riusciranno a sposare in pieno la sua mentalità e prima arriveranno i risultati sempre al netto della cifra tecnica che comunque attualmente non è di livello superlativo.
L’impressione è di una persona che punta sempre ad ottenere il massimo e per ottenerlo utilizza i giocatori che in quel momento gli danno più garanzie senza troppe gerarchie, non penso che si ammesso giocargli contro o contestare le sue decisioni e le sue idee.

Questo è il ritratto che mi sono fatto dopo averlo osservato per una decina di giorni al campo Mulin da Coi di Santa Cristina in val Gardena, complessivamente mi ha fatto una bella impressione e penso che quel mio amico tifoso del Toro ci abbia visto giusto nel 2015.

A cura di Stefano Brugnoli – Foto Patrizia Ferro

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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