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Banche dati integrate, contante abolito, accertamento induttivo molesto, si arriva persino alle dichiarazioni dei redditi che si compilano da sole quando si tratta di incassare.

Penna, carta e calamaio e attese di un quarto di secolo quando si tratta di pagare. L’amministrazione pubblica, come ha evidenziato la vicenda dei debiti della Pa, a volte si comporta come un cattivo creditore. Recentemente anche il fisco ha dato una prova di inefficienza che a un normale cittadino sarebbe costata carissima.

La deputata Pd Silvi Fregolent ha presentato una interrogazione parlamentare sul caso di un contribuente di Torino per un fatto iniziato nel secolo scorso. Nel lontanissimo 1989 gli era stata indebitamente notificata una cartella di pagamento di alcuni milioni di lire chiaramente.

Dopo un contezioso durato 24 anni (tanto per dare la misura di come poi vengono spesi i soldi delle tasse) il cittadino ha ottenuto il riconoscimento di un rimborso. Ma senza interessi. La parlamentare piemontese, riportando notizie della stampa locale, nell’interrogazione spiegava che il mancato pagamento degli interessi era dovuto, non a una particolare interpretazione della legge da parte degli uffici del fisco. Non si è trattato nemmeno di un errore umano. L’Agenzia delle entrate ha dato la colpa a «una carenza informatica ovvero di un software che consenta di calcolare automaticamente i suddetti interessi».

Spieghiamo meglio. Un pezzo di amministrazione dello Stato, di fronte a un suo errore, ha restituito il maltolto dopo un quarto di secolo. Ma gli uffici si sono rifiutati di riconoscere gli interessi perché non in possesso di un programma di computer che li potesse calcolare con precisione. Non risultano, a memoria di cronista, casi in cui il fisco abbia rinunciato a una qualche somma in entrata per qualche carenza tecnologica dello stesso tipo.

La risposta del governo ha chiarito le circostanze. «L’Agenzia delle entrate, conferma che allo stato attuale non dispone ancora di un’apposita applicazione informatica che consenta il calcolo automatico degli interessi dovuto sugli importi oggetto di rimborso». Ma precisava che «gli uffici dell’Agenzia possono comunque, nelle more del completamento del processo di meccanizzazione, procedere alla loro determinazione con modalità manuale e dare disposizione all’Agente della riscossione competente affinché effettui l’erogazione del rimborso». Il sottosegretario all’Economia Enrico Zanetti, ha precisato che poi «sulla base delle informazioni acquisite presso la propria struttura periferica competente, gli interessi maturati sulle somme rimborsate al menzionato contribuente sono stati liquidati».

Rimborso arrivato dopo l’interrogazione parlamentare. Una volta scoppiato il caso, insomma, l’Agenzia delle entrate ha provveduto a pagare anche gli interessi, calcolati «manualmente» su quella cartella che non avrebbe mai dovuto mandare. Per fare scattare una «cooperative compliance» alla rovescia, dove il debitore è lo Stato e non il contribuente è dovuto intervenire il Parlamento. Caso risolto, ma manca ancora un software per calcolare gli interessi dovuti dal fisco ai contribuenti, che sia efficiente quanto gli strumenti che l’amministrazione usa quando si tratta di fare pagare i contribuenti onesti.

Fonte Il Giornale – Foto Archivio web

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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