Questa riunione arriva alla fine di un percorso, cominciato il 10 marzo con il Patto per l’innovazione del lavoro pubblico e la coesione sociale firmato a Palazzo Chigi, e proseguito con l’avvio dei rinnovi contrattuali, che ho fortemente voluto, e con il mio decreto dell’8 ottobre. Oggi si è reso necessario perché, nelle more della definizione dei rinnovi e dunque della regolazione del lavoro agile nei contratti, ma anche dell’approvazione entro il 31 gennaio dei Piani integrati di attività e organizzazione (Piao), pensiamo sia utile per le 32mila amministrazioni italiane poter contare su linee guida sullo smart working che anticipino ciò che sarà previsto nei contratti.

Linee guida su cui chiediamo le vostre osservazioni e che poi invieremo alla Conferenza Unificata“. Renato Brunetta ha poi anticipato che: “Se tutto va bene lo rendiamo strutturale“. Inoltre il ministro per la Pubblica Amministrazione ha aggiunto: “Nel frattempo auspico che in sede Aran si possa concludere al più presto il contratto per le funzioni centrali e, a seguire, quelli per gli enti locali e la sanità. La regolazione contrattuale dello smart working era un punto fondante del Patto del 10 marzo. Da fine gennaio avremo strutturato, normato, contrattualizzato e organizzato fuori dall’emergenza il lavoro agile, che dovrà rientrare a pieno titolo in uno dei modi di organizzazione del lavoro nella Pubblica Amministrazione“.

Nello schema di Linee guida si indicano le “condizioni per l’accesso alla prestazione lavorativa in forma agile” e si spiega che “si deve fornire il lavoratore di idonea dotazione tecnologica“. Inoltre “per accedere alle applicazioni del proprio ente può essere utilizzata esclusivamente la connessione Internet fornita dal datore di lavoro”. L’amministrazione deve poi “prevedere apposite modalità per consentire la raggiungibilità delle proprie applicazioni da remoto“. Sempre per assicurare la tutela dei dati, le Linee guida specificano che “in nessun caso può essere utilizzata un’utenza personale o domestica del dipendente per le ordinarie attività di servizio“.

Si specifica che: “L’adesione al lavoro agile ha natura consensuale e volontaria ed è consentito a tutti i lavoratori, siano essi con rapporto di lavoro a tempo pieno o parziale e indipendentemente dal fatto che siano stati assunti con contratto a tempo indeterminato o determinato”. “L’amministrazione individua le attività che possono essere effettuate in lavoro agile, fermo restando che sono esclusi i lavori in turno e quelli che richiedono l’utilizzo costante di strumentazioni non remotizzabili“.

Inoltre, “l’amministrazione nel dare accesso al lavoro agile ha cura di conciliare le esigenze di benessere e flessibilità dei lavoratori con gli obiettivi di miglioramento del servizio pubblico, nonché con le specifiche necessità tecniche delle attività. Fatte salve queste ultime e fermi restando i diritti di priorità sanciti dalle normative tempo per tempo vigenti e l’obbligo da parte dei lavoratori di garantire prestazioni adeguate, l’amministrazione avrà cura di facilitare l’accesso al lavoro agile ai lavoratori che si trovino in condizioni di particolare necessità, non coperte da altre misure”. “In ogni caso deve essere individuata una fascia di inoperabilità (disconnessione) – nella quale il lavoratore non può erogare alcuna prestazione lavorativa.

Tale fascia coincide con il periodo di 11 ore di riposo consecutivo di cui all’art. 17, comma 6, del Ccnl 12 febbraio 2018 a cui il lavoratore è tenuto”, si legge ancora. L’amministrazione pubblica che vuole fare smart working deve garantire “l’invarianza dei servizi resi all’utenza” ma anche “un’adeguata rotazione del personale autorizzato alla prestazione di lavoro agile, assicurando comunque la prevalenza per ciascun lavoratore del lavoro in presenza. Non si può quindi fare lavoro agile cinque giorni a settimana ma lo si deve alternare con il lavoro in ufficio.

A cura di Elisabetta Turci – Foto Imagoeconomica

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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