Quando penso alla città di Lecco, per prima cosa torno ragazzino e mi ritrovo accanto alla cattedra della 1ª C a rispondere alle domande della professoressa di Italiano, domande legate al capolavoro letterario di Alessandro Manzoni, o come lo chiamavamo noi alunni turbolenti Alemanzo Sandroni. Infatti, come spiegò in maniera impeccabile la signora Nardini, «Quel ramo del lago di Como, che volge a mezzogiorno, tra due catene non interrotte di monti, tutto a seni e a golfi […]» altri non era che Lecco.

Il ramo del lago di Como in questione, descritto nei Promessi Sposi, è il ramo di Lecco, una delle tre sezioni del lago, insieme al ramo di Como e a quello di Gera. Personalmente non trovavo molto interessante la vicenda e con il passare del tempo, ho sposato la tesi sostenuta da Silvio Orlando, che interpretava un insegnante dotato di innovazione didattica nel film “Il Portaborse”, tesi che proponeva di saltare in blocco tutta la Letteratura italiana dell’800: “Che cosa ce ne può importare a noi di un Silvio Pellico, di un Berchet, di uno Zanella, di un Carducci? E anche Manzoni, diciamo una buona volta la verità: mentre lui per 50 anni scrive e riscrive “I promessi sposi” Balzac infila uno dopo l’altro 10 capolavori, Melville scrive l’immenso “Moby Dick”, e Dostoevskij… be’, Dostoevskij scrive “L’idiota”, “Delitto e Castigo” e “I fratelli Karamazov”.

Una trentina di anni fa chiesi a mia madre di comprarmi dei calzini estivi nella merceria “dalla Mafalda” che era solita frequentare e il risultato fu che mi ritrovai dieci paia di mini calzini che coprivano le dita e il tallone. Pensai ad un lotto difettoso e chiamai per chiedere spiegazioni: erano il prodotto dell’estate ’95, ideato da due fratelli lecchesi, che di lì a poco avrebbe cambiato i costumi di generazioni di consumatori, giovani e meno giovani. Ci misi un’estate intera ad abituarmi, ma oggi non potrei farne senza. Ma il ricordo legato a Lecco che più mi ha colpito negli ultimi dieci anni, è stata la partita più lunga di sempre, entrata di diritto nel Guinness dei Primati dell’anno 2013. Il match, che vedeva confrontarsi tifosi di Milan e Juventus, ebbe inizio alle 8.00 di sabato 13 luglio 2013 e terminò alle 20.00 di domenica, 14, coinvolgendo complessivamente 1.023 giocatori (527 sabato e 496 domenica) divisi in più di trenta squadre delle più svariate categorie tra calciatori agonisti e politici, associazioni e semplici cittadini che vollero dare il proprio contributo alla storica impresa. Lo scopo della manifestazione era aggregativo e benefico, infatti il ricavato era a favore della costruzione di un museo dedicato alla figura del “Beato Serafino” e il fine sociale era unire i tifosi di due club rivali in una giornata di puro sport e divertimento.

Detto questo, in occasione delle semifinali dei playoff Serie C, sarebbe bello che sia a Lecco che a Cesena venisse ricordato Antonio Annibale, mancato cinque anni fa, portiere cresciuto nelle giovanili dell’Inter, il quale ha indossato entrambe le casacche e detiene ancora oggi il record negativo di reti subite nell’arco della partita più contestata della storia calcistica italiana, giocò infatti titolare nella formazione giovanile dell’Inter che il presidente Angelo Moratti fa scendere in campo per protesta nella ripetizione della sfida con la Juventus del 10 giugno 1961, vinta 9-1 dai bianconeri con 6 reti di Omar Sivori e l’unica rete nerazzurra siglata dal giovanissimo Sandro Mazzola. “Quell’umiliante vittoria” colma di gloria effimera non segnò di certo la carriera di quel giovane portiere sceso in campo contro una corazzata il cui presidente era al tempo stesso a capo della Federcalcio.

A cura di Marco Benazzi – Foto Repertorio

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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