Presi gli autori di una violenta rissa tra gang rivali di Milano.
Le undici persone indagate, tra le quali due noti trapper, devono rispondere di rissa, lesioni, rapina aggravata e porto abusivo di arma da fuoco. Da chi sono composte queste combriccole di malviventi, dove sono e cosa fanno quando si riuniscono in branco? Con il rapporto esplorativo “Le Gang Giovanili in Italia” è stato svolto uno studio sul fenomeno nel nostro Paese per fornire una classificazione e una mappatura della presenza di queste bande giovanili.
Il rapporto è stato realizzato dal centro di ricerca sulla criminalità delle Università di Bologna e Perugia, in collaborazione con il Dipartimento della pubblica sicurezza del ministero dell’Interno e il Dipartimento per la giustizia minorile e di comunità del ministero della Giustizia. I dati raccolti sono stati integrati tramite la raccolta e l’analisi di notizie apparse sui quotidiani nazionali e locali o agenzie di stampa. Il risultato ha evidenziato che le gang giovanili sono attive nella maggior parte delle regioni italiane, con una leggera prevalenza del Centro-Nord rispetto al Sud del Paese e sono principalmente composte da meno di dieci individui, in prevalenza maschi e con un’età compresa tra quindici e diciassette anni.
I crimini realizzanti con più frequenza sono reati violenti come risse, percosse e lesioni, atti di bullismo, disturbo della quiete pubblica e atti vandalici. Meno frequenti e di solito commessi da gruppi più strutturati, sono lo spaccio di stupefacenti o i furti e le rapine. Le vittime sono per la maggior parte loro coetanei. Dall’analisi emerge inoltre come vi siano quattro tipi principali di gang con caratteristiche differenti e una diversa distribuzione sul territorio. Le più diffuse sono quelle prive di una struttura definita e per questo si rendono responsabili di attività violente occasionali. Al secondo gruppo appartengono le gang che s’ispirano o hanno legami con organizzazioni criminali italiane e sono presenti specialmente nel Sud del Paese, dove le loro azioni sono spesso legate alla volontà di accrescere il proprio status criminale con l’auspicio di entrare a far parte dei clan mafiosi.
Una terza classificazione riguarda quelle bande che s’ispirano a organizzazioni criminali o gang estere le quali sono presenti prevalentemente in aree urbane del Nord e del Centro del Paese, composte in prevalenza da stranieri di prima o seconda generazione. L’ultimo gruppo riguarda quello delle gang con una struttura definita ma senza riferimenti ad altre organizzazioni le quali sono presenti in tutte le macroaree del Paese e composte in prevalenza da italiani; compiono spesso reati come furti o rapine, ma anche reati violenti. Non sono solitamente dotate di simbologie particolari né hanno interesse a pubblicizzare le proprie azioni. Lo stimolo dei ragazzi a far parte di queste bande è dato soprattutto da rapporti difficili con le famiglie, con i loro coetanei o con il sistema scolastico ma anche per le difficoltà relazionali o d’inclusione nel tessuto sociale favorito dal disagio economico.
Le agenzie deputate all’ordine e alla sicurezza pubblica sono da sempre vicino ai giovani con iniziative di legalità portate avanti soprattutto nelle scuole e nei territori più esposti alla criminalità. Le forze dell’ordine costituiscono un osservatorio privilegiato sulle devianze che affliggono il mondo dei giovani. La ricerca d’identità, l’importanza di appartenere a un gruppo, il senso d’onnipotenza tipico della giovane età, la vita che si sviluppa soprattutto sui social, le restrizioni causate da lockdown e pandemia sono soltanto alcune delle cause di un fenomeno che impropriamente è definito delle baby gang o della mala movida.
Scontri tra gruppi di giovani in parte organizzati, atti di violenza e teppismo che spesso ha come vittime altri minori bullizzati, che faticano a denunciare. Il compito dello Stato è di intercettare i fenomeni di disagio sul nascere, intervenire per evitare un’escalation della violenza e, soprattutto, perché le vittime abbiano fiducia nelle forze di polizia e chiedano subito aiuto.
Il vice Direttore Ugo Vandelli – Foto Imagoeconomica