Degiurisdizionalizzazione, mediazione, negoziazione assistita: le proviamo tutte per alleggerire il sistema giudiziario ed i suoi interminabili e molteplici processi.
Le intenzioni sono nobili, i risultati molto meno.
Se vogliamo affrontare con un po’ di realismo il problema dell’inefficienza del sistema giustizia, occorre evitare ogni pericolosa e sterile appartenenza a partiti e schieramenti politici, senza essere costretti a subire, ogni volta, la gogna di dover passare per antigarantisti.
Con i tempi che corrono sarebbe un’accusa grave e perfino pericolosa.
Tutti si affannano, infatti, a studiare congegni che assicurino al processo – penale, anzitutto, ma anche a quello civile – il massimo grado di formalità a tutela dei diritti degli individui.
In questo siamo sempre stati maestri, per noi stessi e per gli stranieri, che ci guardano stupiti e non riescono a comprendere come una culla di diritto come l’Italia, con una Costituzione invidiata da tutti ed alcune strutture giuridiche che, in astratto, sono prese, ancora oggi, come modello guida in tante nazioni, possa impaludarsi in processi senza fine ed in tecnicismi bizantini poco salutari per una giustizia che richiede rapidità e trasparenza.
Ma anche nel complicarci la vita, si sa, siamo maestri; nel corso della nostra storia ognuno può attingere a tale indiscutibile realtà. Cinquecento anni fa, sempre e solo in Italia, molti notai quantificavano, nero su bianco, il numero di avventure extraconiugali che ad un uomo potesse essere consentito. Sono passati tanti anni da allora, ma gli atavici vizi della giustizia sono rimasti, insieme ad altre simpatiche peculiarità.
L’istituzione della figura del Giudice di Pace sembra muoversi nella direzione tanto invocata.
All’origine della nascita di questa nuova figura di Magistrato vi è la consapevolezza che qualsiasi riforma del processo civile e penale può avere concrete probabilità di successo solo in quanto il Giudice di carriera venga alleggerito di una parte consistente del contenzioso che grava sulle sue spalle.
Risulta oramai opinione generale che la strada dell’aumento degli organici della magistratura
professionale non sia praticabile, sia perché hanno già una consistenza numerica superiore a quella degli altri Paese europei, sia per ragioni di costo e di complessità della selezione.
Al di là delle competenze specifiche che tale figura possiede, in materia penale e civile, è chiaro e
degno di lode l’intento deflattivo e conciliatorio.
Fra i poteri che il Giudice di Pace esercita, è utile ricordare, dal punto di vista processuale, quella di interrogare liberamente, in prima udienza, le parti comparse personalmente e di tentarne la conciliazione: ai detrattori (non sono mai mancati) che si soffermano sui possibili condizionamenti che il Giudice può esercitare sulle parti risulta facile replicare facendo presente che scopo della conciliazione non è una mediazione qualsiasi, ma una giusta mediazione.
La “concentrazione” del processo continua anche successivamente: qualora conciliazione non riesca, il Giudice deve concentrare il processo in poche udienze, privilegiando l’oralità e facendo uso dei poteri istruttori finalizzati alla più rapida acquisizione degli elementi di prova: ad esempio,gli è consentito di citare come testimoni soggetti a cui le parti si siano riferite nel corso del processo.
L’anzidetta connotazione si rafforza ove si tenga presente che al Giudice di pace è riconosciuta una potestà conciliativa anche in sede non contenziosa senza limiti di materia e di valore. La procedura, contenuta un un unico articolo del codice di procedura civile (art.322), inizia con un ricorso proposto anche verbalmente dalla parte, senza necessità di assistenza da parte del legale. Il giudice di pace fissa l’udienza per la comparizione personale delle parti e tenta la conciliazione. Il processo verbale di conciliazione in tale sede costituisce titolo esecutivo se la controversia rientra nella
competenza del Giudice di pace, mentre negli altri casi ha valore di scrittura privata riconosciuta in giudizio.
Il Giudice di Pace, dunque, si propone come il Giudice della convivenza civile, essendo competente
a dirimere le controversie che, per la loro natura o per la loro frequenza, appartengono all’esperienza quotidiana del cittadino comune. Dato che la Giustizia si basa su fatti concreti, occorre fare un bilancio, a distanza di tanti anni
dall’istituzione di questa figura di Magistrato, per verificare se lo spirito che ha animato la sua
introduzione sia stato colto ed abbia avuto gli effetti sperati. I procedimenti portati a conclusione dal Giudice di pace fino ad oggi attraverso verbali di conciliazione, decreti ingiuntivi, sentenze e cancellazioni dal ruolo hanno raggiunto numeri davvero importanti.
La cancellazione, con cui si conclude un elevatissimo numero delle cause iscritte a ruolo dinanzi al Giudice di pace, differisce ed anzi rappresenta l’esatta antitesi di quelle registrate presso le altre istanze giurisdizionali: mentre queste ultime la cancellazione è solitamente espressione del getto della spugna dopo un’interminabile contesa fra le parti, nell’esperienza del Giudice di pace essa costituisce il frutto della solerzia con cui egli ha condotto l’istruttoria in direzione di una rapida
conclusione, fornendo alle parti elementi di valutazione circa l’accoglibilità delle rispettive tesi.
Per quanto attiene al dato qualitativo, la modestissima percentuale di impugnazioni rende testimonianza della sostanziale correttezza delle decisioni. E’ vero che il contenuto valore di alcune cause, l’inappellabilità delle sentenze pronunciate secondo equità, la clausola di provvisoria esecutorietà scoraggiano le impugnazioni: ma neppure i più ottimisti avrebbero potuto mai immaginare che le pronunce del nuovo Giudice passassero in giudicato nella maggioranza dei casi.
L’istituzione del Giudice di Pace, con le sue funzioni, ha rappresentato una svolta epocale per il cittadino ed il suo bisogno di giustizia. Vi è oramai la consapevolezza, dei Giudici di pace, di essere chiamati non a fare sfoggio di sapere
giuridico, ma a restituire ai cittadini fiducia nella giustizia attraverso un impegno conciliativo, pratico e meno formalistico, fondato sulla razionale considerazione dei contrapposti interessi e, in mancanza, attraverso un giudizio rapido e attento alle ragioni sostanziali che hanno portato le parti dinanzi al Giudice.
Occorre preservare quello che, una volta tanto, è stata una scelta azzeccata da parte dei nostri legislatori, senza criticare, con argomentazioni poco credibili e non supportate dalla necessaria competenza, la figura del Giudice di pace ma farne, anzi, il punto di partenza di un processo di cambiamento destinato ad accrescere il livello di civiltà del paese.
Piuttosto, il Giudice di pace va supportato con più adeguate strutture di personale ausiliario e mezzi informatici, oltre ad adeguati strumenti formativi, oggi del tutto carenti.
Oltre alla necessità di supportare il prestigio dell’istituzione anche attraverso il riconoscimento di più dignitosi compensi.
Ma di questo è meglio che si interessi il Parlamento.
A cura di Avv. Costantino Larocca editorialista – Foto Life Gate
Contattare Costantino per richieste legali: [email protected] / 338.7578408