La mutazione climatica, il caldo eccessivo, la mancanza di una corretta alternanza delle stagioni, l’inquinamento atmosferico, l’utilizzo scriteriato di anticrittogamici, sono tutte concause dello “stress” che vivono le api italiane in questo periodo. Uno stress che si ripercuote negativamente sulla produzione di miele. L’allarme giunge dall’Alleanza delle cooperative agroalimentare (che associa e rappresenta oltre 7.500 aziende apistiche per un numero complessivo di 395.000 alveari. La produzione media è di 4.000 tonnellate annue, pari al 50% della produzione rilevata dall’Istat) riunitasi oggi a Roma per fare un punto della situazione. L’andamento è “molto negativo” per la stagione del miele italiano che quest’anno vedrà una riduzione della produzione di oltre il 40% con punte del 70% in alcune zone. La causa in larga parte è l’emergenza climatica che sconvolge le fioriture, insieme ad altre concause legate all’attività umana. Le produzioni a maggiore marginalità, a partire dall’acacia, sono quelle che registrano i cali più significativi. Allarme rosso Il presidente dell’Alleanza delle cooperative agroalimentari, Giorgio Mercuri, denuncia: “La causa principale delle mancate produzioni è da imputare ai cambiamenti climatici in corso, con andamenti stagionali irregolari, temperature primaverili basse e ripetuti fenomeni piovosi, o di vento forte e inondazioni che hanno fortemente condizionato l’attività di bottinatura delle api. Il settore va difeso dalle minacce all’ambiente e dalle minacce commerciali legate all’invasione di miele straniero di dubbia provenienza e a volte inquinato o adulterato. In Italia esistono rappresentanze degli apicoltori, dei produttori di api regine, dei produttori di pappa reale, delle cooperative apistiche, ma ad oggi non esiste una struttura dedicata alla valorizzazione del prodotto principale dell’attività, il miele”.

Situazione di forte difficoltà Gli apicoltori raccontano di una situazione sempre più difficile. A livello di fioriture “in montagna ancora c’è qualcosa, ma in pianura il caldo ha bruciato tutto”, quindi “si dovrebbero incrementare i pascoli per offrire fioriture” alle api, in sostituzione di quelle distrutte dall’emergenza climatica o dalle attività umane. A questo scopo “si potrebbero usare i terreni comunali dismessi, da lasciare alle api facendo sì che ospitino le fioriture”. In pianura per le api ci sono solo “deserti: uso a sproposito di pesticidi, monocolture, soprattutto mais”, ma anche altre specie che monopolizzano i campi, e poi “frutticoltura e viticoltura intensive, quando invece servirebbero campi fioriti”. I benefici delle api Oltre al miele c’è molto altro, ad esempio “senza l’impollinazione delle api avremmo il 35% di cibo in meno sulle nostre tavole”, mentre una percentuale pari a circa l’80% delle piante agrarie nel nostro Paese riceve benefici dalla impollinazione. Inoltre, sulla rilevanza economica del comparto un dato significativo è il valore del servizio di impollinazione fornito dagli insetti pronubi, che è stimato in circa 1 miliardo e mezzo di euro all’anno. Quasi un milione e mezzo di alveari in Italia In Italia operano 51.578 apicoltori per oltre 1,4 milioni di alveari (fonte Ismea, Report 2019).

a produzione di miele ufficiale secondo le rilevazioni dell’Istat è di circa 8.000 tonnellate, per un valore di circa 61 milioni di euro. L’Italia è il quarto paese dell’Unione europea per dimensioni del settore, dopo Spagna, Romania e Polonia. La produzione di miele italiano è ampiamente sottostimata poiché i dati Istat non tengono conto della configurazione particolare del settore: sono numerosi infatti gli alveari condotti da aziende non agricole, così come ampia è la produzione domestica con relativa vendita diretta. Secondo le stime dell’Osservatorio nazionale sul miele, la produzione di miele si attesterebbe su oltre 23,3 mila tonnellate totali. Alleanza Cooperative Agroalimentari evidenzia che il settore sta registrando un’inversione di tendenza rispetto al passato con una significativa crescita delle aziende apistiche (con partita Iva e, dunque, con una gestione a finalità economica) rispetto agli apicoltori per autoconsumo (gli amatoriali).

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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