COPRIAMOCI CON LA MASCHERINA LA BOCCA, MA LASCIAMO LIBERI I CERVELLI.

Emergenza coronavirus!
Come tutti i problemi complessi, dipende sempre da come le persone reagiscono.
La domanda è lecita: ma il bicchiere è mezzo vuoto o mezzo pieno?
Urge una riflessione sul concetto di “resilienza”.
Perchè la “resilienza”, definita in psicologia come la capacità dell’uomo di affrontare le avversità della vita, di superarle e di uscirne rinforzato, e addirittura trasformato positivamente, si presta ad essere ben esemplificata con l’atteggiamento di chi sa “vedere il bicchiere mezzo pieno”.
La resilienza è sempre di più un tema da affrontare, perchè il mondo è sempre più complesso ed interconnesso, sia nel nostro “quotidiano”, che comunque è per ognuno di noi importante, sia in tutti gli accadimenti globali che viviamo sempre più spesso con la sensazione di essere spettatori impotenti.

In questa complessità, essere allenati a vedere come trasformarci positivamente, grazie a ciò che viviamo come avverso, diventa assai importante, sia per provare ad andare oltre, sia per convivere utilmente con una realtà sfaccettata e variegata.
Come sopravvivere alla liquidità che caratterizza i nostri tempi, i nostri ritmi, le nostre relazioni, anche le più vitali?
Concedetemi un passaggio un po’ colto: c’è un modo per superare quella tendenza ipermoderna alla rarefazione di ogni legame, struttura, senso dl luogo, della comunità e del coappartenere, che un grande sociologo Zygmunt Bauman chiama modernità liquida.

Per questo signore noi dovremo imparare a prendere atto della situazione in cui siamo, e renderci conto che vivere in un società liquida richiede, per essere capita e forse superata, nuovi strumenti e antichi fini.
La Mappa non è il Territorio!

Ci muoviamo con mappe che non corrispondono più a un territorio che sta diventando a tutti gli effetti, mobile.
Usiamo scarpe pesanti, dove servirebbe correre e, nel fango, ci muoviamo come in una spiaggia di Riccione.
Una società, scriveva Bauman, “può essere definita “liquido-moderna” se le situazioni in cui agiscono gli uomini si modificano, prima che i loro modi di agire riescano a consolidarsi in abitudini e procedure.
La vita liquida, come la società liquida, non è in grado di conservare la propria forma o di tenersi in rotta a lungo”.

Gli stati-nazione indipendenti sono ormai incapaci di affrontare i problemi derivanti dall’interdipendenza globale.
Con la globlizzazione del potere che lascia indietro la politica locale, gli strumenti disponibili di azioni collettive efficaci non corrispondono alla misura dei problemi generata dalla nostra condizione globalizzata.
Basta guardare la realtà di questi giorni, siamo in ostaggio del coronavirus, basta osservare le persone, nella città, nei bar, nelle chiese, mentre fanno acquisti, siano essi al supermercati o altro.
Panico!
Le persone sono sperse, in tutto questo Bauman ci ricorda che ci siamo dimenticati di una parola semplice eppure stratificata e vitale.

Quella parola l’abbiamo svenduta all’iperconsumo di massa e alla dirompente potenza espansiva delle tecnostrutture del desiderio.
Quella parola chiamasi “felicità”
Che cos’è la felicità e perchè oggi puo’ tornare e farci riflettere?

La felicità è uno stato mentale, corporeo, che sentiamo in modo acuto, ma che è ineffabile.
Una sensazione che non possiamo condividere con altri.
Nell’antichità era la ricompensa per pochi eletti selezionati, poi è diventata diritto universale che spettava ad ogni membro della specie umana, poi è diventata dovere: sentirsi infelici provoca sensi di colpa.
Ma esiste anche un concetto evolutivo di felicità, vale a dire la felicità come stato finale, come obiettivo al quale tendere.

La felicità come bene concreto, che abbiamo dimenticato.
Tutto questo, vi chiederete, cosa ci azzecca col momento emergenziale dovuto al coronavirus?
E invece c’entra, perchè è importante difenderci dal” virus nefasto” indossando una mascherina, ma è altrettanto importante mantenere il cervello in equilibrio, poichè la vita è il “qui ed ora”, e viene dal superamento dei problemi, e dopo un problema, ce ne sarà sicuramente un altro.

E’ importante che ogni singola persona ne faccia esperienza, con la propria testa, questa, concedetemelo, è la vera, unica sfida dell’umanità presente, per la sua dignità futura!

A cura di Sandra Vezzani editorialista – Fotolia

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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