L’APOCALISSE DELLE CARCERI

L’Apocalisse nell’apocalisse! L’allarme coronavirus fa esplodere tragicamente la bomba delle carceri. L’allarme corre lungo tutta la penisola, una, due,tre, quattro, cinque, sei, sette carceri in tutta Italia cadono nel caos.
La miccia si chiama coronavirus, i detenuti incendiano le galere, rubano le chiavi delle celle, sequestrano gli agenti della
penitenziaria. I detenuti barricati all’interno, nell’anarchia. Gli agenti fuori, “per non farli evadere”. In quella che agli addetti ai lavori sembra la naturale conseguenza di anni di allarmi non ascoltati da parte delle autorità politiche sulla
situazione negli istituti di pena. La protesta scatta praticamente su tutto il territorio, e arriva persino in alcuni casi, come a Taranto, a spaccare i blindati, le porte, a rompere tavoli e sgabelli.

Va in scena la furia umana, dove si mescola tutto, dove riappare tutto, il disagio psicologico misto alle condizioni di vita in cui versano i detenuti nelle carceri.
Secondo il Sappe, sindacato della Polizia penitenziaria, a far scattare la scintilla è stata la richiesta da parte dei carcerati di “provvedimenti contro il rischio dei contagi”.

A Pavia, alcuni detenuti sono riusciti a rubare le chiavi delle celle, hanno liberato circa 400 carcerati, e hanno preso in ostaggio due poliziotti, con il rischio di ammazzarsi tra loro. A Modena invece si contano i morti.
La rivolta,è andata avanti per ore, ma ora si sta scoprendo che i decessi sono sei, forse per aver ingerito alcuni farmaci rubati dall’infermeria.

A Bologna al carcere della Dozza, pure, è andata in scena la follia. Realtà che supera la fantasia, in confronto quel meraviglioso film, se vi ricordate, Fuga da Alcatraz, sembra superato!
Situazione esplosiva, che perdurerà, ahimè, suffragata anche dal fatto che le misure del decreto contro il coronavirus prevedono che i colloqui personali vadano sostituiti con telefonate, o modalità video.

Il timore dell’Associazione nazionale dei dirigenti e funzionari di polizia, Daniela Caputo, e’ che il “tam tam” possa creare presto un effetto emulazione”. La dirigente propone il pugno di ferro. Anche qui occorrerebbe prendere un decisione unica, valida su tutto il territorio nazionale. Perchè dico questo, perchè siamo in pandemia, e se ogni realtà si gestisce autonomamente, il problema diventa ingestibile, se in carcere si sospendono i permessi premio, il lavoro esterno, la
semilibertà (come è giusto che sia in questa situazione) le celle già strapiene diventano un inferno.

Non è carità, non è solidarietà, non è buonismo, ma buon senso. L’incendio delle carceri si collega anche a questo, ai problemi non risolti, rinviati, sottovalutati.
Può accadere anche a noi, in questo difficile momento, di sentirci intrappolati in casa, per un detenuto è ancora peggio, perchè travolto da voci, rumours che si diffondono come in tutti gli ambienti della società, e che in carcere arrivano doppiamente filtrati, e distorti.

Forse occorrerebbe spiegare anche a loro, forse occorrerebbe ridurre la tensione, ma il vortice “coronavirus” sta spiazzando il mondo, sta annullando i confini, è un nemico senza volto, che rischia di travolgerci, se non riusciamo a combatterlo con la fermezza e la determinazione che vale per tutti, proprio per evitare che ognuno di noi gli attribuisca i “volto” che preferisce.

A cura di Sandra Vezzani editorialista – Fotolia

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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