RIDISEGNARE LA MAPPA: LA VITA AI TEMPI DEL CORONAVIRUS

C’è chi “telelavora” da casa, e le giornate non passano mai. C’è chi e’ partito per la seconda casa, e chissa’ quando ritornerà. Chi ha scelto la paura, e chi ha già voglia di ricominciare. Ci sono i ragazzi, e da loro si dovrebbe imparare a sdrammatizzare. Meglio morire di coronavirus o restare un altro giorno in casa con mia madre?
Scrivo, provocatoriamente, questa domanda, pensando a un immaginaria adolescente di nome Marta che oggi, a 14 anni, ha
vinto la sua battaglia, può uscire! Seduta, in un bar, a regionevole distanza, si ritrova con gli amici e chissà, forse sarebbe pure contenta che ricominciasse la scuola!

Benvenuti nella vita ai tempi del coronavirus.
Scuole, musei, chiese, teatri, cinema, palestre, tutto chiuso. Il Covid-19 è arrivato come uno tsunami ,portandosi via la normalità e non resta che districarsi tra il timore di un nemico che non si vede, e le necessità di tutti i giorni, che sia uscire, o lavorare, soprattutto, lavorare.

C’e’ un’aria da autogestione in giro. Ognuno, nonostante il rispetto delle linee guida istituzionali, si dà le regole che ritene giuste in base alla propria sfumatura d’inquietudine.
Dunque, convivono due anime: quelli con la mascherina, e quelli senza; quelli che “moriremo tutti” e quelli che “reagiamo”.
Così accade che il supermercato di prossimità sia saccheggiato, mentre altri chiedono alle cassiere che indossano le mascherine di non drammatizzare.

E, a proposito di gel, può pure accadere che le confezioni di disinfettante arrivate in farmacia al mattino vengano vendute tutte nel giro di poche ore. E’ più o meno l’ora di pranzo, ma alla pizzeria nella via parallela a casa mia, solitamente frequentata, non c’è ombra della solita coda. In compenso aumentano gli ordini da asporto con le consegne a domicilio.

Si fatica a ritrovare una normalità. Sopportarsi tutto il giorno, tutti i giorni, non è facile. Il fatto è che non siamo abituati. C’è una fascia della popolazione che proprio non si abbandona alla dissoluzione psicologica ed e’ quella dei preadolescenti o giù di lì.
In generale studenti delle medie che, incassato il divieto di andare in giro per la città, si ritrovano a casa ora di uno, ora dell’altro. E magari, se un mamma accorta, gli ritira il cellulare, perchè da loro troppo usato, sono costretti a trovare occupazioni alternative, fanno i biscotti e disegnano mondi impossibili, si fanno maschere di bellezza, ma anche piegano i panni puliti, e liberano la lavastoviglie. Perchè con gli amici tutto è più divertente, se fossero soli si imboscherebbero.

A qualcuno può pure venire in mente di scrivere un libro su come stanno vivendo questo periodo di coronavirus.
Il titolo? “2020 visto dal basso”. Pagine scritte? Nessuna, per ora, ma il solo fatto di aver pensato, nel bisogno, di creare qualcosa, diventa un risultato. Sono giorni in cui tutti abbiamo bisogno di una mappa per non finire incastrati dentro l’intreccio di questi giorni così complicati.

Una bella mappa. Questa è l’opportunità. Capire chi siamo, dove siamo. Dove vogliamo andare. Con precisione. Con chiarezza.
Con la capacità di semplificare ciò che sembra impossibile, di districare ciò che sembra inestricabile.
Forse un po’ sperduti all’inizio ma fiduciosi, e, finisco, regalandovi questa immagine.
La mappa più consultata al mondo è quella del metro’ di New York (la disegno’ Michael Hertz, scomparso qualche giorno fa): bellissima, chiara, un filo d’Arianna nel labirinto. E’ ciò di cui abbiamo bisogno in questi giorni, caotici, contraddittori, ma anche tanto fertili.

A cura di Sandra Vezzani editorialista – Fotolia

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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