Siamo a Lampedusa, provincia di Agrigento, l’isola maggiore dell’Arcipelago delle Pelagie: un piccolo frammento emerso della piattaforma continentale africana, amministrativamente appendice dello Stivale. Situata nel cuore del Mediterraneo, Lampedusa è molto più vicina all’Africa (da cui dista 138 chilometri) che alla Sicilia, da cui invece la separano 215 chilometri. Quella che andremo a esplorare è una terra che regala aspetti di autentica unicità, fra panorami e acque da sogno, specie e animali e vegetali altrove sconosciute, tramonti che hanno pochi eguali per intensità e incanto.

LA RISERVA
Istituita dalla Regione Siciliana nel 1995, la Riserva Naturale “Isola di Lampedusa” è affidata in gestione a Legambiente Sicilia. L’area protetta si estende per circa 360 ettari lungo un’ampia fascia incontaminata della costa meridionale dell’isola e conserva le espressioni più significative della fauna e della flora sul territorio, comprendenti numerosi endemismi e specie note solo per Lampedusa.

A caratterizzare il paesaggio della riserva sono i tipici valloni, tra cui Vallone dell’Acqua, Profondo, della Forbice e Tabaccara, incisioni che solcano in profondità i pianori e sboccano a mare con suggestive valli sospese o con le splendide spiagge dell’Isola dei Conigli, Cala Pulcino e Cala Galera.

Oggi la forma di vegetazione prevalente sull’isola è la gariga-steppa, costituta da asfodeli, asteracee e distese di scilla marittima. Nei valloni sono presenti l’euforbia e il lentisco, insieme ad alcuni rari esemplari di mirto, ginepro fenicio, carrubo e olivastro, individui superstiti dell’originaria macchia mediterranea. Importante è il contingente di specie endemiche (tra cui Chiliadenus lopadusanus, Limonium lopadusanum, Daucus lopadusanus), mentre tra le specie rare o addirittura assenti nel resto del territorio italiano si rilevano in particolare Caralluma europaea e Centaurea acaulis, piante nordafricane che testimoniano i collegamenti che l’isola ha avuto con l’Africa.

Anche la fauna ha un’evidente impronta nordafricana. Di grande interesse biogeografico è la presenza del colubro lacertino (Malpolon insignitus) e del colubro dal cappuccio (Macroprotodon cucullatus), due serpenti a distribuzione nordafricana, e dello Psammodromus algirus localizzata esclusivamente sull’isolotto dei Conigli, unica stazione italiana di questa particolare lucertola. Sulle falesie a picco sul mare nidificano il falco della regina e il falco pellegrino; inoltre, per la sua posizione geografica Lampedusa è un’importante stazione nelle rotte di migrazione degli uccelli.

Di particolare interesse gli insetti, per la varietà di specie presenti e la notevole componente di endemismi, tra i quali il Pamphagus ortolaniae, una grossa cavalletta con ali ridotte a due squamette e lo Julodis onopordi lampedusanus, un coleottero dalla splendida livrea iridescente. La Spiaggia dei Conigli è infine zona di ovodeposizione della tartaruga marina Caretta caretta.

SERVIZI
Numerose le attività che Legambiente svolge sul territorio e nella Riserva Naturale: dalla tutela e valorizzazione dell’area protetta alla ricerca scientifica, dalla sensibilizzazione dei visitatori all’educazione ambientale nelle scuole. Attraverso le visite guidate, l’Ente Gestore accompagna studenti e visitatori lungo i sentieri della Riserva, alla scoperta della fauna e della flora di Lampedusa, ma anche delle azioni di conservazione e salvaguardia operate negli anni. Da oltre 20 anni vengono svolti ogni estate i campi di lavoro di Legambiente per la tutela della Spiaggia dei Conigli: coinvolte per l’occasione decine di volontari che, con un continuo lavoro di informazione e sensibilizzazione dei visitatori, contribuiscono a garantire il rispetto del regolamento di fruizione della Riserva, per far sì che il turismo non costituisca una minaccia alla conservazione dell’ambiente.

TERRITORIO
Le tracce della presenza umana sull’isola di Lampedusa risalgono alla preistoria, come testimoniano i resti di un villaggio neolitico e di costruzioni megalitiche. È altresì documentata la presenza di Fenici, Cartaginesi, Greci, Romani e Arabi. Nel 1839 Ferdinando II di Borbone acquista Lampedusa e nel 1843 decide di inviarvi il capitano di fregata Bernardo Sanvisente che, con i primi 120 coloni provenienti da tutta la Sicilia, avvia una poderosa opera di trasformazione dell’isola, estirpando la vegetazione naturale per impiantare le colture e avviando un’attività di carbonificazione che contribuirà alla distruzione dell’originaria macchia mediterranea che ricopriva Lampedusa. Ciascun colono porterà con sé anche i propri dialetti, usi e costumi, dando così vita a una piccola comunità multiculturale che andrà assumendo via via una sua peculiarissima identità. Un’isola nell’isola, per l’appunto.

Oggi a Lampedusa si vive principalmente di turismo e di pesca, ma le aree interne mostrano ancora gli aspetti dell’antico paesaggio agrario: i muretti in pietra a secco che delimitano i coltivi e alcuni dammusi, costruzioni rurali realizzate in pietra secondo la tipologia tradizionale, e di cui Case Teresa, nei pressi del vallone della Forbice, costituisce l’espressione più rappresentativa.

Di recente inaugurazione, il Museo Archeologico delle Pelagie che al suo interno ospita anche il Museo della Fiducia e del Dialogo per il Mediterraneo, un luogo in cui il passato si fonde con la storia contemporanea: oltre ai numerosi reperti archeologici e alle immagini delle bellezze naturali dell’arcipelago, conserva infatti diversi cimeli appartenuti ai migranti morti in mare nel tentativo di raggiungere la porta d’Europa. Fotografie, lettere, oggetti personali che recavano con sé donne, uomini e bambini stipati all’inverosimile sulle imbarcazioni-trappola. Un olocausto 2.0 di cui è impossibile non sapere, raccontato attraverso un’esperienza di grande impatto emotivo e umano come la visita della cosiddetta “stanza dei naufragi”.

A cura di Legambiente – Foto Imagoeconomica

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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