Cinquantadue anni fa, il 19 novembre 1969, in un freddo mercoledì pomeriggio, le sigle sindacali Cgil – Cisl e Uil, organizzarono a Milano uno sciopero per protestare contro il caro-affitti e diritto alla casa. Ricordo nitidamente il prima, durante e dopo, di quei terribili giorni, dato che mi trovavo con il 20° Reparto Mobile di Piacenza, in servizio di ordine pubblico a Milano. Dopo anni di scontri e divisioni le Confederazioni, per la prima volta, si ritrovavano in piazza a combattere su un terreno unitario, chiamati a rispondere anche alle richieste dei numerosi immigrati che dal Sud arrivavano al Nord, in cerca di un lavoro. Coincidenza volle che nelle stesse ore di quel triste giorno sfilassero per il capoluogo lombardo altri due cortei: uno di matrice marxista-leninista, l’altro composto di anarchici. Entrambi erano seguiti dalla polizia che cercava di mantenere l’ordine, evitando eventuali contatti.

La situazione rimase sotto controllo fino via Larga. Mentre all’interno del Teatro Lirico si tenevano i discorsi delle parti sindacali, all’esterno, il lancio di lacrimogeni e candelotti da parte dei poliziotti per disperdere i gruppi scatenò il caos. Il tam tam della notizia fece accorrere dalla vicina Università Statale anche i militanti del Movimento Studentesco. In pochi attimi iniziò una vera e propria guerriglia, a due passi dal Duomo. Secondo la ricostruzione degli inquirenti, fu in quella situazione che morì l’agente della Polizia di Stato, Antonio Annarumma, 22enne, originario di Monteforte Irpino (Avellino), in servizio presso il 3° Reparto Celere di Milano. Anche lui, giovanissimo, era venuto al Nord per cercare fortuna. Alla guida di un gippone, il poliziotto fu colpito da un tubolare d’acciaio, raccolto da un vicino cantiere edile, che gli fracassò il cranio. Le indagini della magistratura confermeranno questa versione, contestata invece dai manifestanti che parleranno d’incidente provocato dallo scontro tra due mezzi delle forze dell’ordine. Un delitto che ancora oggi resta impunito per l’impossibilità di risalire all’autore materiale del gesto.

Giuseppe Saragat, allora presidente della Repubblica, parlò di “barbaro assassinio”. Il ministro dell’Interno Franco Restivo di “aggressione all’autorità dello Stato”. Annarumma è considerato la prima vittima degli “Anni di Piombo”. Anni di “opposti estremismi”, insomma, nei quali la parola “chiave” era “essere contro”. Dalla fine degli anni sessanta all’inizio degli anni ottanta, mentre il mondo viveva la “Guerra Fredda”, il nostro Paese, dopo la ricostruzione, vide un veloce sviluppo economico che portò inevitabilmente a evidenziare le differenze sociali già esistenti. Da quel 19 novembre, con la morte del poliziotto, sono stati diversi i tentativi di costruire una memoria comune per ricordare le tante vittime. In gran parte assassinate mentre compivano il loro dovere, come Annarumma e Antonio Marino, anch’egli agente originario del Sud che, sempre a Milano, troverà la morte quattro anni più tardi, colpito in pieno petto da una bomba a mano lanciata da un manifestante. Milano aveva sulla coscienza due morti. I primi di una lunga serie di sangue. 

Il vice Direttore Ugo Vandelli – Foto Imagoeconomica

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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