Ieri, un gruppo di archeologi ha presentato un ritrovamento straordinario anche dal punto di vista antropologico: i resti di un piccolo gruppo di uomini, donne e bambini che furono catturati circa diecimila anni fa da un clan rivale, legati e massacrati a colpi di frecce e di pietre. I loro corpi sfigurati caddero in una laguna e furono conservati tra i sedimenti per millenni.

Questa scoperta testimonia la più antica strage umana conosciuta e alimenta il dibattito sui motivi per cui gli uomini si fanno la guerra.

Il massacro avvenne all’alba della rivoluzione agricola, un periodo in cui la specie umana divenne sedentaria per dedicarsi alla coltivazione della terre. Scoperti a Nataruk, vicino al lago Turkana, in Kenya, i resti forniscono una “prova definitiva di qualcosa che deve essere stato un conflitto tra gruppi” ha dichiarato l’antropologa di Cambridge, Marta Mirazon Lahr, autrice principale dello studio pubblicato sulla rivista Nature.

“Un’evidenza di questo tipo, prima che esistessero villaggi e cimiteri, è davvero unica”. Ci sono reperti fossili anche più antichi che mostrano segni di violenza tra gli uomini, ma nessuna di stragi di gruppo. Gli studiosi hanno rinvenuto 12 scheletri, più o meno intatti; dieci avevano segni di morte violenta.

In alcuni teschi vi erano i segni di punte di freccia di ossidiana. Gli scavi hanno portato alla luce anche alcuni scheletri in frammenti, tra cui quello di un bambino piccolo. Il primo scheletro recuperato è stato quello di un uomo picchiato a morte, con varie fratture del cranio. Uno scheletro era di una giovane donna. “Le mani erano incrociate tra le gambe, poggiate sui piedi, anch’essi incrociati, una posizione che suggerisce che fosse legata ala momento della morte” ha affermato Lahr. “Ed era incinta. Quello è stato un momento in cui ci siamo tutti fermati a pensare”. I resti di un feto tra i sei e i nove mesi sono stati recuperati nella cavità addominale.

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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