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Non ha alcun fondamento valido” la tesi dei legali del marito di Viviana Parisi – la deejay scomparsa insieme al figlio il 3 agosto del 2020 e ritrovata morta insieme al piccolo nei boschi di Caronia (Messina) – che la donna e Gioele sarebbero morti asfissiati in un pozzo alto mezzo metro.

Lo dice la Procura di Patti (Messina) nella richiesta di archiviazione, replicando a distanza agli avvocati di Daniele Mondello, marito della deejay, che hanno sempre negato la possibilità dell’omicidio-suicidio. “Alcuni difensori dei familiari di Viviana  Parisi hanno avanzato una suggestiva ipotesi sulla sorte della donna e del suo bambino: Viviana e Gioele sarebbero ”precipitati” in un  pozzo profondo 3 – 5 metri, con circa mezzo metro d’acqua al suo  interno, per morire entrambi in seguito a ”asfissia in acqua” – dice il Procuratore Angelo Vittorio Cavallo nella richiesta di  archiviazione – I sostenitori di questa tesi ammettevano di non poter stabilire se Viviana e Gioele fossero precipitati accidentalmente all’interno di tale pozzo o se, invece, fossero stati intenzionalmente lanciati da qualcuno”. I corpi di Viviana e Gioele, successivamente, sarebbero stati  prelevati ed estratti dal pozzo, dopo la loro morte, da parte di  soggetti sconosciuti, tramite l’utilizzo di un qualche strumento  (forcipe o altro) – dice ancora – Tali soggetti, dopo avere prelevato  il corpo di Viviana dal pozzo, avrebbero collocato il suo cadavere ai  piedi del traliccio, così operando un vero e proprio ”depistaggio””.

Ma per la Procura “La tesi non ha alcun fondamento valido ed è smentita dai risultati della stessa autopsia. A questi, si aggiungono  altre osservazioni specifiche.

In primo luogo, il sopralluogo ed i  successivi accertamenti tecnici hanno evidenziato come la mano destra  di Viviana abbia ”artigliato” alcuni arbusti presenti al suolo,  assumendo la posizione di quiete nella quale è stata poi rinvenuta:  ebbene, appare assai difficile ipotizzare che gli autori del  fantomatico depistaggio possano aver usato un accorgimento così  raffinato.

“In secondo luogo, le due lesioni  presenti sulla superficie del cuoio capelluto, in sede tempo-parietale sinistra, sono compatibili e trovano la loro logica spiegazione in un urto diretto del capo della donna contro la superficie libera del sasso lì presente, parzialmente interrato, nella fase di impatto al  suolo. Non appare un caso che le indagini genetiche effettuate sul sasso abbiano dato esito positivo con riferimento alla presenza di  sangue: appare ovvio come quel sangue non potesse che appartenere a  Viviana. Anche in questo caso, non si spiega come i presunti ed  ipotetici autori del depistaggio possano aver ”inscenato” tale  risultato – dice la Procura.

“In terzo luogo, i consulenti hanno  escluso la presenza sul corpo di Viviana di lesioni o comunque segni  riconducibili all’azione violenta di soggetti terzi, così come di ogni altra tipologia di evento traumatico fra cui, in particolare, anche il prelievo del corpo con ”forcipi” o ”strumenti di altro tipo”, o il suo ”trazionamento per i capelli”.

“In quarto luogo, il cadavere di Viviana non è stato oggetto di  ”spostamento” ad opera di terzi, così come emerso, oltre che dagli  accertamenti medico – legali, anche dagli studi condotti  dall’entomologo, prof. Vanin; ne consegue che la decomposizione del  cadavere di Viviana Parisi è avvenuta nel medesimo luogo del suo  ritrovamento, che, pertanto, coincide con quello del decesso”.

“In  quinto luogo, il cadavere di Viviana, come già visto, non reca alcun  segno o riscontro tipico delle morti per asfissia da annegamento in  acqua stagnante o in acque lacustri”.

Ma i legali non sono d’accordo e fino a ieri, nel corso della manifestazione per ricordare Viviana e  Gioele, hanno ribadito la loro tesi. “Sono morte asfissiate in un  pozzo”.

A cura di Elisabetta Turci – Foto Ansa

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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