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Il 21 gennaio si celebra la Giornata Mondiale degli Abbracci, messi all’angolo da quasi un anno dalla pandemia di Coronavirus, ma più che mai evocati oggi, anche sui social, perché non diventino un gesto inusuale ma restino il traguardo da raggiungere, il contatto da recuperare, quando si potrà, in sicurezza.

“Ci si abbraccia per ritrovarsi interi”, scriveva Alda Merini evocandone il potere terapeutico.
Lo stesso che si cerca di riportare oggi nelle rsa con le stanze degli abbracci, raccontate anche nello spot di Tornatore per la promozione nazionale della campagna di vaccinazione anti-covid appena partita. Ma il pensiero torna ai giorni del lockdown, a quegli ultimi abbracci negati negli ospedali e nelle case di cura, a tutti quelli cui il virus Covid-19 ha negato la possibilità di dare e ricevere conforto.

Uno degli scatti più toccanti di quel periodo fu proprio la foto di un abbraccio: quello tra Rosa e Giorgio separati dal coronavirus, in due reparti diversi dell’Ospedale di Cremona. Riuscirono, grazie alla complicità dello staff a ricongiungersi per qualche minuto. Rosa se n’è andata a luglio ma quell’abbraccio è rimasto nel cuore di tutti. E’ anche per questo che seppur tardivamente rispetto alla prima ondata di morti portati via dalla pandemia, in alcune residenze per anziani e in qualche ospedale sono state allestite vere e proprie stanze degli abbracci nelle quelli poter avvolgere, sia pure attraverso un telo di plastica anti-contagio, i propri affetti.

Secondo i ricercatori dell’Università di Amsterdam, la Hug Therapy o terapia dell’abbraccio, aiuta a dominare ansie, depressione e stress, contribuendo inoltre a renderci mentalmente più forti e più felici.

Istituita nel 1986 negli Stati Uniti, la Giornata è un’occasione per ritrovare il contatto emotivo e il piacere di un abbraccio, che, anche prima dell’era Covid, spesso passava inosservato per la frenesia e i ritmi che scandiscono la vita.

Il Direttore editoriale Carlo Costantini – Foto Imagoeconomica

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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