Leonardo Sciascia, era il 24 luglio 1982, nel dire la sua sul “suicidio-omicidio” di Roberto Calvi scrisse anche cose sulla corruzione e sul capitalismo italiano che bisognerebbe sempre ricordare, soprattutto da parte di coloro che, per dovere politico, sono impegnati sul fronte delle lotte alle mafie.

Questo grande letterato siciliano, a questo proposito, disse cose di questo tipo: ”e direi che il dato più probante e preoccupante della corruzione italiana non tanto è che essa risieda nel fatto che si rubi nella cosa pubblica e nella privata, quanto nel fatto che si rubi senza l’intelligenza del fare, e che le persone di assoluta mediocrità si trovino al vertice di pubbliche e private imprese.”

Da un lato la Chiesa di Bergoglio che predica e pratica la ripresa dei vecchi principi di umiltà e solidarietà; dall’altro l’esistenza ancora di una vera e propria cupola vaticana che fa speculazioni internazionali, nasconde conti di dubbia origine e ancor più dubbia finalità.

Gli scandali dello IOR (dal sequestro dei 23 milioni di euro che ha portato all’inchiesta penale contro l’allora Presidente Ettore Gotti Tedeschi e l’allora Direttore generale Paolo Cipriani, fino al blocco dei Bancomat in Vaticano, nel gennaio 2013, e ai due arresti di Monsignor Nunzio Scarano, sono una conseguenza dello scandalo del vecchio Banco Ambrosiano.
C’e’ una riedizione aggiornata del libro investigativo di Maria Antonietta Calabro’ ”Le mani della mafia” sul crac Ambrosiano, che agli inizi degli anni ’90 ha riaperto le indagini sulla morte di Roberto Calvi.

In tre gradi di giudizio risulta ormai definitivamente accertato (la sentenza della Cassazione è del novembre 2011) che il banchiere Calvi è stato ucciso, e che lo IOR riciclava soldi della mafia.
Roberto Calvi entra nel Banco Ambrosiano come semplice impiegato, ne esce da morto, dopo una carriera da faccendiere, che gli valse addirittura il titolo altisonante di “Banchiere di Dio”.
Con la sua scalata tra i consigli di amministrazione di diverse controllate estere del Banco, cominciano anche i rapporti con IOR, la Banca Vaticana.

Grazie all’appoggio dell’amico-socio d’affari Michele Sindona che lo introduce all’interno della poggia P2, lancia il Banco Ambrosiano come un razzo nell’Olimpo della grande finanza internazionale.
Tra i “compagni di merende” del banchiere ci sono mafiosi, esponenti dei servizi segreti italiani e internazionali: in particolare quelli latino-americani, impegnati a contrastare con ogni mezzo possibile l’ideologia “ filo-marxista”.

Il “suicidio” di Calvi, e l’omicidio per avvelenamento di Sindona chiudono definitivamente un pezzo importante della storia bancaria italiana: quella dei misteri e degli scandali.

Di lì a poco, la caduta del muro e del regime sovietico, la normalizzazione della mafia internazionale e il crollo della Prima Repubblica avrebbero ceduto il passo ad una nuova stagione, caratterizzata dal rampantismo di una nuova generazione di banchieri.

Da allora in poi occorrerebbe comprendere meglio perchè, dopo lunga incubazione e inascoltati segnali, siano poi riesplosi quei fenomeni giganteschi di corruzione e di distorsione delle istituzioni che le intercettazioni sulla “cricca” hanno ampiamente rivelato.

Molti hanno osservato, e non a torto, che rispetto agli anni di Tangentopoli il “rubare per se’” appare oggi molto più diffuso del “rubare per il partito”.

Osservazione fin troppo scontata, direte, dato che i partiti, nella forma di allora, non esistono più: e sciaguratamente questo ha portato talora ad affrontare in proprio, per così dire, i “costi della politica”.
Così come ha dato un peso crescente alle cricche, e a quelle forme di relazione, che le cronache odierne illuminano di luce cruda.
Ma, per finire, vi ricordo di una vecchia intervista di Gelli al Corriere: da piccolo, disse, volevo fare il burattinaio!

A cura di Sandra Vezzani editorialista – Foto Mediterraneo

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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