RAFFAELE CANTONE MAGISTRATO E GIA' PRESIDENTE ANAC
GIAN MARIA GROS PIETRO PRESIDENTE CONSIGLIO AMMINISTRAZIONE INTESA SAN PAOLO

DIRITTI E SITUAZIONI IDENTICHE: LA CLASS ACTION

Spesso, ai nostri giorni, occorre far fronte a dei problemi così grandi che l’affrontarli fa nascere contemporaneamente la consapevolezza che una soluzione probabilmente non arriverà, almeno non nell’immediato, e che il singolo può fare poco per cambiare lo stato delle cose. In realtà, laddove uno fallisce, molti possono riuscire. Quello chenon tutti sanno è che esiste uno strumento molto utile a questo scopo: la CLASS ACTION.

E’ un mezzo per far valere, in via giudiziaria, uno o più specifici diritti del consumatore. Quest’ultimo, in alternativa all’azione individuale, può valersi dell’azione di classe risarcitoria, più comunemente nota come “class action”. La caratteristica principale di questo strumento è che può essere solo successivo al verificarsi del danno ed è quindi utilizzato per ottenere il risarcimento. Può essere promossa nei confronti dell’impresa, sia dal singolo consumatore che dalle associazioni dei consumatori e dai comitati.

L’apertura verso comitati e associazioni è una novità contenuta nel Ddl 844, approvato lo scorso aprile al Senato. Ciò potrebbe aumentare l’efficacia di questo strumento, visto che al momento, in Italia, sono pochissime le azioni collettive che hanno avuto successo. Intesa Sanpaolo e Trenord sono i casi più emblematici. Dal Codice del Consumo, lo strumento ora si sposta nell’ambito del Codice Civile. In questo modo si amplia di molto la platea delle persone che possono intraprendere l’azione legale: in buona sostanza prima, per poter partecipare, bisognava dimostrare di aver acquistato il prodotto o il servizio, con il nuovo Decreto non bisogna più essere necessariamente clienti per adire la causa. Questo significa, come dicevamo, che potranno agire non solo i singoli cittadini, spesso poco informati sulle possibilità offerte dalla Legge, ma anche organizzazioni o associazioni senza scopo di lucro che, per statuto, si occupano di tutelare gli interessi danneggiati del consumatore.

Quali sono i vantaggi di ricorrere a una class action? Il primo e più importante è sicuramente quello di riunire le richieste dei consumatori o degli utenti in un unico processo contro uno stesso soggetto con due benefici tangibili: da un lato si accelera il processo, dall’altro si evitano contrasti tra Sentenze di Giudici diversi. Un modo meno costoso e più semplice di prendere parte a una class action è quello di dare mandato a un’associazione posta a tutela dei diritti dei consumatori, in grado di mobilitare migliaia di persone e fornendo loro un’assistenza legale qualificata.
In questo modo il consumatore che ha preso parte all’azione può essere aggiornato sugli sviluppi dell’azione giudiziaria, verificare se questa è stata dichiarata ammissibile o meno e ridurre, sensibilmente, le famigerate tempistiche dei Fori giudiziari italiani.

La nuova formulazione e disciplina dell’azione collettiva, denominata ora “azione di classe”, è sicuramente molto più vicina al modello originale americano: si parla, infatti, non più di interesse collettivo, ma di “diritti identici” e di “situazioni identiche” dei singoli consumatori che hanno subito un danno o un pregiudizio da parte di un’impresa. L’introduzione di tale azione rappresenta sicuramente un segnale molto forte. L’azione, infatti, costituisce uno strumento che è pensato esclusivamente per l’interesse dei consumatori e vuole un riequilibrio fra le forze in gioco. È chiaro fin d’ora come l’importanza e la reale efficacia di tale strumento vadano tenute attentamente in considerazione. È fatto abbastanza recente, per il Mondo del diritto, la richiesta di centinaia di milioni di euro di danni a Unicredit Banca S.p.A. e Banca Intesa S.p.A. da parte di Codacons (“Coordinamento delle associazioni per la difesa dell’ambiente e dei diritti degli utenti e dei consumatori”) fondata sulla presunta violazione delle regole di massimo scoperto.

La class action “rischia”, seriamente, di diventare in Italia uno strumento potenzialmente in grado di influenzare fortemente gli equilibri finanziari di determinati settori. Se, tuttavia, oggi facciamo un bilancio, l’azione di classe continua a essere una soluzione alla ricerca di un problema da risolvere. Essa ambirebbe a offrire uno strumento per gestire processualmente i contenziosi seriali e per esercitare una
funzione deterrente sulle imprese spingendole a comportamenti più avveduti e meno opportunistici.

Provo a spiegare perché non accade.
Se guardiamo nell’ultimo decennio allo sviluppo dei sistemi di risoluzioni delle liti, un ruolo decisivo lo hanno assunto le forme di mediazione o composizione delle controversie alternative al giudizio. L’Arbitro bancario e finanziario oggi rappresenta un fondamentale strumento di accesso alla Giustizia nella soluzione delle controversie tra banche e clienti. Parimenti, l’arbitrato sulle controversie delle banche oggetto di risoluzione, istituito nel 2016 presso l’Autorità anticorruzione e fortemente voluto dall’ex Presidente Raffaele Cantone, ha sostanzialmente risolto tutte le
controversie generate dal fallimento delle banche. Per circa due terzi le decisioni sono andate a favore dei risparmiatori, aggiudicando circa la metà delle richieste risarcitorie. L’esperienza ci dice, quindi, che non è stata, sinora, l’azione collettiva, uno strumento per risolvere i problemi del contenzioso seriale nel processo civile.

Lo stesso si può dire della regolazione del mercato. Per quanto concerne la funzione deterrente, molto spesso il contenzioso seriale si inserisce in mercati regolati, nei quali vi è un penetrante intervento delle autorità indipendenti che esercitano poteri ex ante.
È negli Stati Uniti che la class action ha avuto più successo. Le colossali multe inflitte a giganti ritenuti imbattibili hanno fatto notizia anche in Europa. L’attivista Erin Brockovich riuscì a far pagare 333 milioni di dollari alla Pacific Gas & Electric per aver inquinato le acque della città di Hinkley, in California. La sua storia diventò un film interpretato da Julia Roberts. Ma queste maxi multe derivano, quasi sempre, dal “danno punitivo” che si aggiunge al risarcimento delle parti lese: una specie di castigo che i Tribunali Usa infliggono alle società come ulteriore deterrente.

Tutto questo in Italia non c’è e questo aspetto resta carente anche nella nuova formulazione di Legge. Le rare Sentenze hanno spesso quantificato in modo irrisorio il danno in favore dei soggetti che hanno agito. Il risultato? Le grandi aziende, sicure di restare impunite, reiteravano la loro posizione di forza in danno dell’utente, come nel caso delle compagnie telefoniche che hanno continuato a fatturare a 28 giorni fino all’intervento coattivo e risolutivo che ha fatto cessare l’abuso.

Class action italiana da cestinare, quindi? Non proprio. Il 7 luglio 2020, i negoziatori del parlamento europeo e del Consiglio d’Europa hanno definito le linee guida per “l’azione collettiva europea”. Sarà applicabile per le controversie su protezione dei dati, servizi finanziari, telecomunicazioni, salute, ambiente, turismo, diritti dei passeggeri. Se da una parte l’Ue vuole rafforzare gli strumenti di tutela a disposizione dei cittadini, dall’altra vuole disincentivare i ricorsi collettivi privi di fondamento e possibili abusi. “Abbiamo cercato di trovare un equilibrio tra la tutela degli interessi dei consumatori e la necessità della certezza del diritto per le imprese”, ha dichiarato Geoffroy Didier, relatore dell’accordo di luglio.

Questa nuova legislazione, e questi nuovi diritti, dimostrano che l’Ue sta facendo la differenza. Sempre di più, l’Europa deve diventare uno scudo che protegge i cittadini”, ha dichiarato Didier al termine del negoziato.

A cura di Avv. Costantino Larocca editorialista – Foto Imagoeconomica

Nella foto home Raffaele Cantone

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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