LA CINA CHE CI INQUIETA

Era il 1 ottobre 1949 Mao Zedong proclama a Pechino la nascita della repubblica Popolare Cinese. E’ l’annuncio della prima grande vittoria nella lunga lotta di emancipazione del popolo cinese, sorta dal “secolo delle umiliazioni”, quando le potenze imperialiste lo avevano ridotto allo stato di paese semicoloniale.

La nascita della RPC segna una svolta nella storia mondiale.
Essa rappresenta la terza grande rivoluzione della storia contemporanea, importante non solo perchè avvenuta nel paese più popoloso del mondo, ma anche, perchè, come la Rivoluzione vietnamita, apre la strada all’emancipazione, e al superamento
dell’arretratezza e del divario con i paesi capitalistici avanzati.

Nonostante in questi giorni, di grande preoccupazione, per il diffondersi dell’epidemia di coronavirus, la Cina ci inquieti, resta pur sempre valido il concetto che, nel mondo odierno, ci sono due concezioni opposte sul futuro, e di conseguenza due politiche opposte: la nuova globalizzazione proposta dalla Cina, e un nazionalismo esclusivista, che è una vera e propria regressione per l’umanità.

Siamo a un bivio: la vecchia strada, che nonostante il fumo della novità è anche quella della “America first” di Trump, e quella di Xi Jinping che pensa a una comunità del futuro condiviso dell’umanità, e non solo al destino della sua nazione.
La domanda che ci inquieta tutti è: il coronavirus fermerà l’ascesa globale della Cina a livello geopolitico?
La risposta non può essere immediata, certo, nel medio periodo il fatto di dover attraversare due crisi sanitarie gravi in due decenni avrà degli effetti, ma siamo in un momento in cui “nulla e’ certo”.

Anzi, se la Cina gestirà la crisi con efficienza, potrebbe anche migliorare la propria immagine pubblica.
Esistono momenti nella storia dei popoli, in cui l’intera umanità è percorsa dalla paura.
Una paura così grande, così pervasiva, da catalizzare le ansie dei singoli, e anche quelle delle singole società, in un’unica psicosi di scala globale, che attraversa le nazioni e produce una sindrome collettiva che gli storici chiamano millenarismo: l’attesa cioè di una catastrofe che segni la fine o la radicale metamorfosi dei tempi.

Il coronavirus di derivazione cinese sta infettando la Cina e con essa l’atmosfera globale, tra notizie, contronotizie, referenze, reticenze, teorie e dietrologie, e la provenienza del virus dalle specie animali, il loro mutare e passare dal regno delle fiere a quello degli umani, è un altro germe di terrore, di fobia, di tabù.
Non è forse un caso che l’ipotetica trasmissione del virus da un serpente sia tra le notizie, più o meno mitografiche, diffuse in questi giorni.

La figura leggendaria del serpente riconduce, oltre che all’iconografia dell’anticristo, all’immagine del dragone, simbolo non solo dell’impero cinese, ma di tutti i terribili popoli dagli occhi a mandorla. Questa epidemia sta traumatizzando i giochi della politica e della finanza, a cominciare dai mercati, che notoriamente all’irrazionale reagiscono per primi.

Gli episodi di sinofobia verificatesi in Italia, rischiano di far fare passi indietro anche a livello culturale, e di conoscenza reciproca.
I cittadini cinesi, o gli italiani di seconda generazione non possono essere associati a situazioni di cui non sono minimamente responsabili.

Tutti abbiamo lo stesso livello di esposizione, non è che se uno è cinese o ha origini cinesi è più esposto al virus.
Le persone non c’entrano nulla, bisognerebbe continuare a coltivare la solidarietà e mantenere buon senso e intelligenza, l’Italia è un paese che punta tanto sul turismo, sarebbe forse più utile, dico io, mostrare vicinanza e sostegno alla popolazione cinese, per poter riprendere i contatti, una volta terminata l’emergenza.

Non dimentichiamo che l’ultimo totalitarismo del novecento, quello sovietico, fu sconfitto proprio dalla catastrofe di Chernobyl.

Sarà la Cina in grado di domare una catastrofe di cui ancora nessuno conosce l’entità?
Se non lo sarà, il mondo verrà contagiato da un’ancora più grande e motivata angoscia di fine.
Ma se lo sarà, se ce la farà, un’altra paura contagierà forse l’occidente, che, per la prima volta, e stavolta, sul serio, nella storia, il barbaro dagli occhi a mandorla affermi globalmente la sua supremazia!

A cura di Sandra Vezzani editorialista – Foto Reuters

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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