Johnny Hodges fu il sax contralto nell’orchestra di Duke Ellington, il pianista e grande direttore d’orchestra considerato uno dei massimi compositori del Novecento, Hodges certamente è stato un elemento importante, con lui esordì nel 1928.

In orchestra all’inizio suonò il sax soprano per poi passare al contralto, con uno stile invidiabile e con un bel suono pulito, pungente e dando il via ad una scuola che ebbe poi tanti eredi nel suo percorso.

I giovani sassofonisti che si avvicinavano a questo strumento, presero gli insegnamenti di questo grande sassofonista, e lo si può ben dire, senza nessuna retorica da questo insegnamento di questo strumento, vennero fuori degli ottimi musicisti.
Tanti quindi sono stati i sassofonisti che hanno suonato nelle Big Band, degli anni Quaranta, che in qualche modo hanno imparato lo stile e che poi hanno avuto la fortuna di proseguire suonando in varie formazioni e portando così avanti la scuola di Johnny Hodges.

Le avventure di questo sassofonista contralto, con la sua eleganza, la sua professionalità, diede anche una impronta assai importante anche nel modo di porsi davanti al pubblico, nelle sue performance e questo creò anche un’influenza moderna e professionale nell’atteggiamento.
Il pubblico che all’epoca era elettrizzato dalle performance dell”orchestra di Duke Ellington e del sassofonista, ma non solo erano decisamente dei veri fan, del genere Swing e del ballo.

“Johnny Hodges nasce a Cambridge (USA) il 25 luglio 1907.
Suonò principalmente il sax contralto, ma sporadicamente anche il sax soprano. Fu il principale solista dell’orchestra di Duke Ellington nella quale suonò dal 1928 fino agli ultimi suoi giorni di vita, esclusa una parentesi di quattro anni, dal 1951 al 1955, in cui si cimento’ nella direzione di una propria orchestra. Tra i maggiori solisti e sassofonisti di jazz sviluppò uno stile originale, nato dal Blues, fortemente lirico, caratterizzato dall’uso del glisando.

Hodges era quasi del tutto autodidatta, escluse alcune lezioni, che evidentemente ebbero un’ottimo risultato, con Sidney Bechet per il sassofono soprano.
Quando Duke Ellington volle ampliare la propria orchestra, nel 1928, Barney Bigart, allora suo primo clarinetto, gli raccomandò Hodges al sassofono soprano che al sax contralto; da notare la tradizione da cui Hodges discende; allievo di Bigart e collaboratore di Bechet, a loro volta i due avevano imparato a suonare il clarinetto dallo stesso maestro, Lorenzo Tio, figura fondamentale tra i musicisti, gli antenati del jazz moderno.
Da ora in poi il suo sound divenne l’identità sonora dell’orchestra di Duke Ellington.

https://youtu.be/OVOPG9PBK9o

Nel 1955 prese parte, appena ritornato dall’esperienza indipendente di direttore della propria orchestra, con Ellington alle registrazioni dal vivo del Jazz at the Philarmonic.
Nel 1959 pubblicò due album insieme ad Ellington, Back to Back: Duke Ellington and Johnny Hodges Play the Blues e Side by Side. Dopo aver suonato tra le prime file dei sassofoni dell’orchestra di Ellington, la sua ultima presenza fu a Toronto, una settimana prima della morte avvenuta per un infarto.
“Lo stile delle opere di Johnny Hodges tra le quali Confab with Rab, Jeep’s Blues, Hodges Podge, che erano i suoi cavalli di battaglia (i pezzi forti) dei contraltisti, ciò che spicca oltre alle caratteristiche dell’esecutore, è la capacità, diventata abitudine stilistica, di Duke Ellington di scrivere melodie cucite su misura al modo di suonare di alcuni suoi musicisti.

Ciò lo si può sentire anche in opere quali Magenta Haze, Prelude to a Kiss, Haupeda Anatomy of a Murder, the Star Crossed Lovers, dalla suite Such Sweet Thunder, I Got it Bad (and that ain’t good), Blood Count e Passion Flower, che ben esaltano il timbro velato del sassofono soprano.
Hodges soffiava una trama sonora limpida metodicamente ben equilibrata. Tali caratteristiche lo distinsero sia nell’esecuzione della musica blues, sia nelle ballate e gli meritano l’ammirazione di musicisti di tutte le epoche, da Ben Webster a John Coltrane, i quali, entrambi, suonarono nella orchestra del Duca negli anni Cinquanta, fino a Lawrence Welk che lo ingaggio’ in un album di standard.

Il suo stile individualistico, che sottolineava gli assolo con vibrato e glissando, fu, ed è – talvolta inconsapevolmente – assai imitato.

Dagli anni Venti agli anni Settanta, Hodges ebbe l’opportunità di partecipare e assistere all’evoluzione degli stili e dei modi di suonare il sassofono nella Musica Jazz.
Nonostante i vari incontri con musicisti che formarono un proprio modo di suonare il sassofono – i musicisti Charlie Parker e John Coltrane, tanto per fare qualche esempio – che in seguito ebbero proseliti a bizzeffe e che, si può dire, dette una nuova – rispetto a quella degli esordi della Musica Jazz – identità stessa allo strumento ad ance, il modo in cui ciascuno cercava di suonare e il modo in cui ciascuno voleva sentire suonare il sassofono, il nuovo modo, Hodges rimase coerente e fedele al proprio modo di suonare lo strumento, anche nella seconda parte della sua vita”.

Johnny Hodges muore a New York l’11 maggio 1970.

A cura di Alessandro Poletti – Foto Live

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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