Jessica è una giovane donna, bellissima. Capelli lunghi biondi e occhi azzurrissimi.
Un sorriso sincero, quasi timido.
Nel suo sguardo la gioia di vivere, nella sua voce la luce di una libertà finalmente conquistata.

Si dice che i bambini, prima ancora di nascere, scelgano il proprio percorso da compiere su questa terra, e scelgano i genitori con cui realizzare la propria missione, il proprio scopo. Non so se sia successo davvero così per Jessica, nata in crisi di astinenza da eroina, da padre e madre tossicodipendenti. Sta di fatto che la sua vita, fin da subito, è stata costellata di difficoltà. Amorevolmente curata dai medici, abbandonata dalla madre che è scappata dall’ospedale, la piccola è stata poi dimessa e consegnata alle cure del papà e dei nonni paterni.

In modo particolare Jessica è stata nutrita proprio dall’amore dei nonni, che si sono presi cura di lei anche quando il papà e la mamma hanno deciso di entrare in comunità e hanno iniziato a seguire dei percorsi di recupero, in strutture diverse. Una volta ripuliti, i due hanno provato a tornare insieme; era quello che sia Jessica che i nonni speravano: perché nella vita si può sbagliare, ma si può recuperare. Questo Jessica, ad appena sei anni, già l’aveva imparato. Ma tutta la fatica e il dolore finora provati furono invano: il papà aveva solo spostato la dipendenza, passando dall’eroina all’alcol; la mamma, stanca e stremata, un giorno si chiude in bagno e si taglia le vene.

È Jessica a trovarla, Jessica a salvarla trovando la forza di chiedere aiuto. Ciononostante quella donna, sopraffatta dalle fatiche di una vita che non le da gioia e divorata da demoni invisibili, non se la sente di fare la mamma, e se ne va. Jessica non riesce a fermarla, e questa diventerà, per lei, una delle sue più gravi colpe. Lei, che era nata per essere grande, per essere brava, per essere capace, per salvare tutti, stavolta aveva fallito. In preda ad un dolore sordo e muto, nel frattempo papà le presenta una nuova compagna: negli anni la coppia ha altri tre figli.

Quello che dovrebbe essere un nuovo porto sicuro per Jessica, si rivela invece una fotocopia di quanto già vissuto: il papà e la nuova compagna sono dediti all’alcol, e lasciano i bambini in cura a lei, che è la sorella maggiore. Lei, che bambina non è mai stata, ora non può nemmeno essere un’adolescente: prendersi cura dei suoi fratellini, diventando la loro sicurezza, è la sua missione, impegno da cui niente e nessuno potrebbe distoglierla. Gli unici amici che frequenta Jessica, nel poco tempo che le rimane, sono i libri: quelli di scuola, e quelli che inizia a leggere in preda a una fame bulimica con la quale sperava di colmare il buco nero dell’anoressia in cui era sprofondata.

A 14 anni Jessica conosce un ragazzo, si innamora. Finalmente la vita le sorride e lei può iniziare e respirare. Al loro amore, dopo qualche anno, nonostante Jessica sia ancora molto giovane, decidono di dare senso provando a concepire un bambino; Jessica rimane incinta subito, ma dopo tre mesi è costretta ad un raschiamento per aborto spontaneo. Il dolore che prova è alimentato dal destino: dopo pochi giorni, nello stesso reparto dove viene ricoverata Jessica, entra la compagna del padre, per un aborto volontario.
Basta, non ce la fa più Jessica. È sopraffatta dal dolore e da quegli adulti che si trova a dover controllare di continuo. Col suo fidanzato decidono di prendere un piccolo appartamento in affitto: ma solo quando se ne va, Jessica inizia ad essere tormentata da un pensiero dolorosissimo che le crea il terrore: “Chi si prende cura dei miei fratelli?”. “Adesso io ho bisogno di pensare un po’ a me stessa”, prova a convincersi. I bambini nel frattempo iniziano a stare malissimo; tra violenze, dipendenza dei genitori e assenza di controllo sono allo sbando.

La nuova compagna del padre se ne va da casa, e i bambini, che si prendono cura del padre, vengono seguiti dai nonni paterni. Dopo qualche tempo i Carabinieri avvisano che la compagna del padre è morta. Overdose, in Sardegna. È Jessica a effettuare il riconoscimento da una foto su watsapp: ancora una volta, si è sostituita al padre per non arrecargli un ulteriore dolore, prendendolo tutto su di sé.

Credete sia finita? No, non ancora. Dopo poco Jessica viene chiamata di nuovo dai Carabinieri, che le chiedono di presentarsi in caserma. “Condoglianze”, le dicono appena entra. Era morta la madre, stavolta ce l’aveva fatta, nessuno l’aveva salvata. Ma con lei, adesso, è morta anche Jessica. Il padre, a questa ennesima vicenda, non regge e peggiora. Ha bisogno di attenzioni. Jessica lo aiuta, lo porta a tutti gli appuntamenti che fissa il Sert. Ma niente, la luce è durata poco. Il padre ricade.

La vita di Jessica ha una sola luce: la piccola Emily, nata da poco, figlia e frutto dell’amore col suo Carlo. Compagno di vita, sempre presente, lui accoglie Jessica e, dopo i nonni che l’hanno cresciuta nell’amore, è l’unico che veramente la ama e tiene a lei: è arrivato però il momento di fare un passo importante per Jessica, che ha bisogno di garantire serenità e amore ai suoi fratelli. Parla di questo suo bisogno con Carlo, che lo condivide: insieme si rivolgono al vicino centro per l’affido, e chiedono che gli vengano affidati i tre fratellini.

Il papà di Jessica non è d’accordo, ma i figli vengono comunque affidati alla sorella. La casa in cui viveva Jessica con Carlo e la piccola Emily diventa troppo piccola per 6 persone, e allora ne cercano una sufficientemente grande, nonostante le risorse economiche non fossero troppe. Inizia così un secondo tempo per una famiglia che, finalmente, può costruire partendo dalle macerie, un nuovo amore, sano, libero.

Non è stato semplice affrontare tutto questo per Jessica, tanto più che negli anni è stata continuamente additata dai coetanei e dalla gente in generale. Il bigottismo poi nel suo paese viaggiava a gran velocità tra le bocche delle persone, che si riempivano spesso di parole, e di giudizi: “Troppo giovane per un peso così grande”, “Ti sei rovinata la vita”, “Prima o poi pagherai le tue scelte”… insomma, nonostante tutto, nonostante le scelte che Jessica aveva fatto per amore, e solo per amore, più di qualcuno aveva da ridire. Che ne sanno queste persone che ancora oggi, nonostante tutto il male, Jessica correrebbe ad abbracciare il padre che per lei, che non ha mai avuto la possibilità di essere bambina, è e rimarrà sempre il suo Principe Azzurro?

Oggi Jessica, che come potete immaginare ha una vita molto piena, ha trovato il coraggio di rendere pubblica la sua storia. La scrittura, che negli anni le aveva permesso di comprendere, sedimentare, elaborare e accettare quel dolore, ha trovato la forza di andare oltre il giudizio e di diventare libro: “Vorrei essere stata bambina” edito da Fondazione Ema Pesciolino Rosso (www.pesciolinorosso.org).

“Il senso della mia vita è vivere per l’altro. Se io vivo solo per me stessa non mi basta. Oggi finalmente mi sento al posto giusto, con le persone giuste”, conclude grata Jessica, non prima di chiedermi di fare, a nome suo, due importanti appelli: “Sara per piacere precisa che l’affido è importante: ci sono tanti bambini che hanno bisogno di essere accompagnati. E poi, dì da parte mia alle persone che si trovano in difficoltà, di qualsiasi difficoltà si tratti: “Abbiate sempre il coraggio di chiedere aiuto, alzate la mano: prima o poi qualcuno quella mano la prenderà”.

Grazie Jessica Gialdisi per avermi aperto le porte del tuo cuore, e per avermi dato prova di come, dalle macerie di un dolore, possa nascere un grande amore e un grande progetto di vita.

A cura di Sara Patron – Foto Redazione

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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