…tutto quel pazzo sconvolgimento di ogni cosa che stava per verificarsi ebbe inizio allora, avrebbe travolto tutti i miei amici e tutto quello che m’era rimasto della mia famiglia in una grossa nube di polvere sopra la notte d’America…
Jack Kerouac Sulla Strada

On the road ( Sulla strada) e’ l’inno alla vita, alla gioia di esistere, alla liberta’ di spaziare oltre i confini fisici e mentali. La celebrazione dell’esistenza e la felicita’ improvvisa, la curiosita’ della scoperta, l’entusiasmo per le nuove conquiste, tutto cio’ che si puo’ provare solo attraverso la consapevolezza costante della fugacita’ dell’attimo. Il destino di ogni cosa e’ “ piu’ presente” proprio perche’ esistono la malinconia, la tristezza, le separazioni e il dolore, inevitabilmente sottesi ad ogni scoppio di puro rapimento estatico. Jack Kerouac ha regalato alla storia della letteratura uno stile nuovo: la prosa spontanea, un linguaggio fuori da ogni schema, capace di rappresentare stilisticamente l’individuale ricerca di liberazione dalle convenzioni della societa’ perseguita dalla Beat Generation.

Il flusso di coscienza e l’immediatezza con la quale i fatti esigevano di essere narrati, lo portarono ad avvalersi di un unico rotolo di carta per telescrivente, lungo 36 metri, perche’ il getto creativo non poteva interrompersi. Sensazioni le sue che superavano la trama, che assurgevano a reali protagoniste di questo capolavoro
indimenticabile, del quale ogni generazione subisce il fascino e per il quale rinnova l’amore.

Il ritmo di “ On the road” non ha sbalzi, il suo suono non ha un” piano” o “ un forte”: e’ sempre serrato, martellato, o come disse Fernanda Pivano “indiavolato”. Come in una jam session di be bop, le frasi vengono “soffiate” fino all’esaurimento: la concitazione dei dialoghi e della narrazione, l’euforia generale, le attese trepidanti, sono state e restano nell’immaginario, soprattutto giovanile, sprone per tradurre la musica in parole e in vita reale e, talvolta, la vita reale in parole e in musica.

“Sulla strada” resta una delle massime espressioni del perfetto connubio tra sensazione e realta’: il viaggio e l’introspezione che il viaggio suscita sono il vero centro del
romanzo: ogni eccesso che possa sganciare dalle sovrastrutture e’ stimolo per la ricerca di se’, e per un misticismo che critica senza lamentarsi, e che accetta consapevolmente lo stato delle cose, perche’ in fin dei conti “tutto e’ a posto”. E’ il racconto, in gran parte autobiografico che lui fa dei suoi viaggi giovanili, da New York alla costa Ovest degli Stati Uniti, e in Messico.

La generazione di Kerouac esperisce quella confusione morale entro cui si rende necessaria la ricerca di affrancamento dalle regole di una societa’ molto chiusa e ipocriticamente puritana. E dunque il viaggio diventa motivo di crescita, di allontanamento dalle sicurezze del quotidiano e possibilita’ di diventare uomini e donne consapevoli. Non a caso definito il “ padre della beat generation” scomparve il 21 ottobre 1969 per colpa di una cirrosi epatica provocata dall’abuso di alcool.

Sono passati piu’ di 50 anni dalla sua morte ma lui resta una figura leggendaria Insieme ai suoi libri piu’ famosi “Sulla Strada ( 1957) e “I sotterranei” ( 1958), emblemi e paradigmi di un intera generazione.

“Il tipo umano che ha costruito l’America era nomade”, disse una volta Ezra Pound, e con lo sguardo sull’America degli anni 50, Kerouac descrisse cosi’ quel tipo umano: “ Nomadi con il sacco sulle spalle, vagabondi del Dharma, che si rifiutano di aderire alle generali richieste ch’essi consumino prodotti e percio’ siano costretti a lavorare per ottenere il privilegio di consumare tutte quelle schifezze che tanto nemmeno volevano veramente come frigoriferi, apparecchi televisivi, macchine nuove ultimo modello, certe brillantine per capelli e deodoranti e generale robaccia che una settimana dopo si finisce col vedere nell’immondezza, tutti prigionieri di un sistema di “lavora, produci, consuma, lavora, produci, consuma: ho negli occhi la visione di un’immensa rivoluzione di zaini, migliaia, o addirittura milioni di giovani americani che vanno in giro con uno zaino”.

Era la beat generation!
In quegli anni indimenticabili, io ero un adolescente, e permettetimi di chiudere con un ricordo del cuore: correva l’anno ’68 e , dopo il ginnasio, frequentavo il Liceo in una delle scuole, a Faenza, piu’ antiche: il Liceo E. Torricelli, i miei insegnanti erano latinisti e umanisti di fama, severi e imperturbabili , ricordo che esistevano addirittura aree riservate ai ragazzi distinte da quelle per le ragazze, il famoso “androceo”( area destinata ai maschi) e “ gineceo”(area destinata alle femmine), che credo ancora di sognare di notte come fosse un incubo: ebbene, un mattino , durante la lezione di Letteratura italiana il nostro Professore , emerito umanista, sorprese me e il mio compagno di banco, divenuto poi un oncologo di dichiarata fama, a leggere sotto banco “ “Sulla strada” di Kerouac!
Ricordo quell’attimo, mai lo dimentichero’: ricordo il suo viso, ricordo il mio ,quello di Giovanni e ricordo che… per l’intera classe diventammo un “mito”.
Avevamo infranto le regole, scelto la liberta’, la follia di vivere l’”attimo fuggente”.

Si’, per noi, quell’attimo si chiamo’ FELICITA’ e Kerouac era li’, ad aspettarci!

A cura di Sandra Vezzani editorialista – Foto RSI

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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