Noi italiani siamo un popolo di sportivi. Amiamo tutti gli sport, in particolare il calcio. Per questa disciplina in particolare, abbiamo una vera passione che non conosce confini. Già, ma sappiamo essere dei veri tifosi? Sappiamo veramente cosa vuol dire sport? Noi italiani abbiamo una vera cultura sportiva? A Cattolica, per un’intera settimana, andrà in scena il Festival della Cultura Sportiva, dove i vari rappresentanti del settore (giornalisti, sportivi ed ex calciatori), che saranno presenti all’evento, racconteranno cos’è lo sport per loro e cosa significa avere una cultura in merito. Dei tanti illustri ospiti che prenderanno parte a questo festival, abbiamo scelto un vate del giornalismo sportivo come Italo Cucci.
Giornalista e scrittore italiano (classe 1939), cresciuto a Rimini, Cucci ha collaborato e diretto numerosi giornali come la Nazione, il Giorno, il Guerin Sportivo, Stadio, il Corriere dello Sport-Stadio e il Resto del Carlino. Attualmente ricopre il ruolo di editorialista del quotidiano Il Roma di Napoli e Avvenire e direttore del periodico Primato. Oltre a questo scrive per il Corriere di Bologna e collabora con la Rai come editorialista e opinionista.

Cucci, che cos’ è secondo lei, la cultura sportiva?

‘La cultura sportiva deve essere cultura nel vero senso della parola. Un uomo colto si muove bene in tutti i campi possibili e immaginabili, se poi è anche uno sportivo e gli piace lo sport, ecco che comincia a informarsi e a sapere, perchè la cultura è sapere e non assumere degli atteggiamenti.’

Gli italiani hanno questo tipo di cultura?

‘Gli italiani hanno un modo di essere che è sempre uguale, in tutte le strade che decidono di percorrere e anche nello sport. La passione per il calcio degli italiani è diversa da quella che possono avere i cinesi, gli arabi o gli svizzeri. Noi viviamo il calcio con una particolare intensità e passione e soprattutto con una vocazione nel passare rapidamente dal perdente al vincente e questa cosa l’abbiamo fatta per tutta la vita, negli ambiti più disparati.’

L’Italia del calcio, negli ultimi anni, si è esaltata in queste situazioni di difficoltà vero?

‘Sì, ogni volta che abbiamo pensato di non essere all’altezza, i nostri ragazzi partono e, a dispetto di tutti, portano a casa un titolo. Noi siamo sempre pronti a vincere e allo stesso modo siamo sempre pronti a perdere. Le vittorie più importanti, nell’ultimo secolo, le abbiamo messe a segno nel calcio, perchè in tutto il resto, siamo usciti sconfitti, purtroppo. Ma nel calcio no, in questo sport ce la siamo sempre cavata da soli, rimboccandoci le maniche e lavorando con quello che ci passava il convento, nonostante i nostri dirigenti che, in questi ultimi anni, hanno pensato più al business che alle loro società, senza peraltro fare molti affari in merito.’

In che senso?

‘Gli uomini di affari cinesi o americani hanno approfittato della situazione di indigenza di alcune società, strozzate dai debiti e hanno cominciato a rilevarle. Questi signori sono venuti in Italia, per un loro interesse personale, puntando anche a conquistare un certo potere e prestigio, mentre la passione per i club come Roma, Inter e Milan che hanno acquistato e per questo sport, è passata, subito, in secondo piano.’

Cucci, di che cosa ha bisogno il nostro calcio per ritornare a brillare in Europa e nel Mondo? Serve una rivoluzione totale?

‘Gli italiani non sono rivoluzionari. A parole dalla mattina alla sera, con i fatti mai. Il calcio ha bisogno di riforme, ma questa parola nel nostro paese, fa nascere delle ostruzioni di vario genere anche a livello governativo. Noi sappiamo ristrutturare, quello sì. Comunque, bisognerebbe innanzitutto smettere di comprare bidoni all’estero, unicamente per far guadagnare questo o quello. Noi italiani, che abbiamo insegnato a tutto il mondo a giocare a calcio, non dobbiamo diventare il ricettacolo di tutti gli scarti del mondo. Dovremmo, invece, puntare di più sui nostri giovani e in Italia ce ne sono tanti di talenti.’

Quindi l’Italia pallonara che non ama rivoluzioni, rimarrà fedele al catenaccio?

‘Chi ha cultura calcistica, sa benissimo che il catenaccio è un’ arte divina. Se vogliamo fare un esempio, il Portogallo ha vinto l’europeo con la peggiore esibizione di catenaccio che potessero fare, ma è stata nobilitata nel finale, con una mossa degna dei grandi maestri catenacciari. Il calcio all’italiana è questo nel bene e nel male.’

Per quanto riguarda la nostra nazionale agli europei invece? La mancanza di tecnica ha condizionato il nostro cammino?

‘Conte ha fatto una grande figura con le cosiddette riserve. Lui ha dimostrato che l’ allenatore è importantissimo per un gruppo. Per Ventura sarà molto dura, perchè come il suo predecessore dovrà fare di necessità virtù. E’ facile cucinare con i prodotti di prima scelta, la cosa difficile è preparare un bel banchetto con gli scarti. Il vero chef come il vero mister è bravo a mettere insieme tutti gli ingredienti che ha disposizione.’

A cura di Nicola Luccarelli – Foto Arnaldo&Valerio

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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