Sfida povera di emozioni e di gioco quella del J Stadium di Torino tra azzurri e furie rosse e l’1-1 finale rispecchia, in termini numerici, molto più di quanto visto, dato che le reti sono due gentili regali di Gigi Buffon e della difesa spagnola, in una sfida dove al titic e titoc dei ragazzi di Lopetegui la Ventura band ha risposto , specie nel primo tempo, con il pressing nella “nostra” metà campo.

Gli azzurri, ci hanno infatti messo quasi 42 minuti per superare la linea di centrocampo, irretiti dal fraseggio stretto di Iniesta & C., che però non sfondavano praticamente mai vista la volontà di entrare in porta insieme al pallone.

Qualcosa in più l’Italia ha fatto vedere nella ripresa, quando gli innesti di Immobile e Belotti (per Pellè ed Eder) hanno dato un po’ di ritmo e di grinta ad una Nazionale sin lì piuttosto moscia e priva di idee, con un centrocampo dove Montolivo (uscito per infortunio già nella prima frazione in luogo dell’altro milanista Bonaventura senza grossi vantaggi), De Rossi e Parolo l’hanno vista davvero poco, presi in mezzo dai passaggi stretti degli spagnoli e la difesa non sempre ha saputo chiudere con efficacia.
Lo zero prodotto dagli attaccanti azzurri nella prima frazione non è però da addossare unicamente a Pellè ed Eder, che non sono due fulmini e neppure due goleador di grande efficacia, ma se non ti arriva mai palla diventa difficile, se non impossibile, provare a far male all’avversaria.

Anche la Spagna non è che abbia mostrato grandi cose, le furie rosse sono ben distanti dalla formazione Mondiale e bicampione d’Europa, come già visto al Mundial brasiliano e confermato ai recenti europei, anche se tecnicamente sono indubbiamente meglio degli azzurri.
Il rigore che ha fruttato il pari italiano è arrivato a dieci minuti dal termine, in un momento in cui però, l’Italia si era finalmente scossa dal lungo torpore e stava facendo lo sforzo massimo per recuperare lo svantaggio causato da un clamoroso liscio di Buffon, impegnato pochissimo e per una volta incappato in uno svarione che dimostra come anche i grandi possono sbagliare e quando accade … sono davvero dolori!

Dire se il cammino verso Mosca 2018 è compromesso, risulta un tantino prematuro, ma certo bisognerà giocarsi la qualificazione in terra di Spagna sperando di non scivolare su qualche buccia di banana (o sperare che le banane risultino fatali ad altri) e che Ventura invece della “camomillosa” Italia vista ieri riesca a mettere in piedi una formazione con idee e grinta che nella fresca serata torinese si sono viste solamente quando gli iberici pregustavano già il colpaccio finale.
Non mi piace fare pagelle, ma qualche giudizio bisogna pur darlo, pur se nel grigiore generale azzurro sono emersi davvero in pochi, con Barzagli che merita una nota di merito, quale migliore dei suoi e non solo in difesa, dato che spesso ha provato sortite offensive che non sono proprio il pezzo forte del suo repertorio; detto di Buffon, il reparto arretrato ha qualche volta patito ed in un paio di occasioni ha permesso agli spagnoli di arrivare davanti al portierone azzurro, ma le cose peggiori si sono viste dalla cintola in su.
I centrocampisti hanno davvero dato pochissimo e l’attacco inizialmente schierato non ha creato nessun pericolo a Piquet e soci, almeno sino a quando non sono entrati Immobile e Belotti, che hanno impegnato severamente la difesa spagnola con il movimento e la grinta che li contraddistingue, dimostrando di essere in un momento di forma davvero straordinario ed impegnando, quasi da soli, tutta la formazione iberica.

Mosca è distante e nulla è deciso, ma l’Italia vista a Torino ha bisogno di nuova linfa per arrivarci; tenere in panchina Verratti non è parsa idea saggia e c’è bisogno di qualche innesto che porti, se non tecnica e geometrie, quell’entusiasmo che non è parso essere nei piedi e nella testa di De Rossi, Montolivo, Bonaentura e Parolo, così come autolesionista è sembrata la scelta iniziale di relegare in panchina Immobile e Belotti.
Domenica c’è la Macedonia e sarebbe davvero brutto se, alla fine dei novanta minuti, dovessimo accorgerci di aver saltato dolce e caffè e pensare di dover sperare nei ripescaggi, temendo l’Albania di Gianni De Biasi.

a cura di Maurizio Vigliani

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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