Era il simbolo di chi, contro Ventura, accusava il suo mancato utilizzo nel ritorno contro la Svezia, come il principale motivo dell’eliminazione e mancata partecipazione a Russia 2018; dimenticarsi delle sue prove insufficienti contro la Spagna, delle bocciature in pagella, era un tutt’uno nell’accusa contro il CT “proletario” che aveva osato farsi eliminare dal Mondiale.

Insigne, ragazzo del sud da innalzare a vittima, finiva sull’altare dei puri da salvare ed il bello era che la sua esaltazione partiva proprio da chi più duramente lo aveva contestato.

Passa il tempo e capita che le cose tornino normali, il Napoli lo ritenga simbolo, ma …. non troppo e non sempre, anche perché le vittorie di club latitano, si arriva ad un passo ma finisce sempre che ci si fermi a trenta ed il trentuno resti …. un sogno.

L’Europeo 2021 è una tappa, bella, ma che invece di avvicinare allontana, anche da Napoli, anche dal Napoli, più sopportato che “supportato”, con un contratto che scade ma solo lui vorrebbe rinnovare, perlomeno nelle intenzioni, o meglio: nelle cifre; ADL invece pare sordo, e pure cieco, restio a mettere mani al portafoglio se non per abbassare le cifre, risparmiare un gruzzolo, vista l’età, ma davvero solo quella?

Insigne, come tanti più o meno “simboli” del nostro calcio, è bravo, ma bravissimo? E’ davvero quel campione che a settimane alterne viene esaltato da una stampa di (troppa) parte, più tifosa che obiettiva ed ancorata, anch’essa, all’orto di casa?

Con il Napoli si arriva ai saluti, ad un addio che profuma, per lui, di dollari canadesi, quelli della pensione, tanti da riempirne un silos, come fossero le nocciole per la Nutella; buon per lui ovviamente e se c’è qualcuno che butta i soldi in questo modo, ha fatto bene a firmare e come per altri che lo hanno preceduto leggeremo le sue magnifiche prestazioni, senza chissà quali rimpianti.

Mancava, per chiudere il cerchio, l’atto finale, quello che la Macedonia avrebbe dovuto introdurre nella prima delle due giornate degli spareggi ….
Questa volta, senza il perfido Ventura, Insigne c’era, o perlomeno la maglietta numero dieci della Nazionale era vestita da uno che gli somiglia, neppur troppo vagamente ….
Peccato che stavolta l’alibi è caduto, miseramente, e non ci si potrà attaccare a nulla e nessuno, visto che le bocciature in pagella sono arrivate puntuali (persino da qualche suo affezionato cantore) e gli assenti di ieri siano diventati i colpevoli di oggi; non andare ai Mondiali era la colpa di Ventura, il “proletario”, così come è diventata quella di Mancini, il “pomposo”, solo che questa volta Insigne non si salverà, non più.

Il Direttore responsabile Maurizio Vigliani – Foto Marco Iorio

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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