Tornano le parole di un vocabolario che tutti speravamo non servissero più: distanziamento, virus, tamponi. Riferimenti che erano abituali nel 2020, anno del lockdown e di una travagliata ripresa. Molto meno nel 2021 nel quale il calcio era riuscito a dribblare il Covid. Purtroppo in questo inizio 2022 l’allarme serpeggia nuovamente sul pallone, inevitabile conseguenza del peggioramento della curva dei contagi nell’intera popolazione.

Di contro le presenze negli stadi saranno nuovamente ridotte dal 75% al 50% della capienza – nei palazzetti al 35% – già dalla prima giornata di ritorno dei vari campionati, che sicuramente slitteranno. Il bollettino è pieno di giocatori risultati positivi al rientro dalle vacanze; al momento sono una novantina, tendente al rialzo. Il virus ha fermato calciatori del Torino, Juventus, Napoli, Fiorentina, Empoli e Spezia, Bologna, Verona. In altre categorie si sono rilevati addirittura numeri da focolaio: in serie B dieci contagiati nel Frosinone; in serie C diciotto nella Triestina e così via.

Alla ripresa degli allenamenti le società sono state costrette a correre ai ripari facendo ricorso alle seconde e terze linee; e lo faranno anche con misure più rigide rispetto ai protocolli seguiti abitualmente. Un buon esempio è arrivato dalla Fiorentina che ha fatto fare ai suoi giocatori i tamponi modello drive-in senza scendere dalle auto per evitare i contatti. La capolista Inter ha chiesto ai calciatori di cambiarsi, fare la doccia e pranzare da soli nelle camere della Pinetina, così da ridurre al minimo i rischi di diffusione del virus.

Sono precauzioni che ci riportano all’estate dello scorso anno, sconfortati perché ci obbligano a guardare in faccia una realtà difficile da accettare. Senza dimenticare che i calciatori di serie A hanno fatto il loro dovere contro la pandemia con percentuali moto elevate. Infatti, quasi il 98% degli atleti si è vaccinato. Molte squadre sono completamente immunizzate. In alcuni club ci sono due-tre giocatori ancora senza alcuna dose e ora rischiano di non potere più entrare nello spogliatoio e in palestra.

Effetto della decisione del Dipartimento dello sport, che ha allargato anche agli atleti professionisti la necessità di avere il green pass rafforzato per accedere a questi spazi. È un obbligo vaccinale, di fatto, senza però un intervento preciso com’è stato disposto per medici, infermieri, insegnanti e forze dell’ordine. In teoria questi atleti potrebbero rivolgersi al giudice ordinario per impugnare il provvedimento. Malgrado ciò il Governo non sembra intenzionato a pronunciarsi in modo più deciso sulla questione, ma le società e il sindacato calciatori sperano di evitare scontri giudiziari convincendo chi è ancora dubbioso. Chi vivrà vedrà, aspettiamo gli eventi… 

Il vice Direttore Ugo Vandelli – Foto News24

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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