Il nettare degli Dei ovvero il vino più antico al mondo ha all’incirca ottomila anni ed è stato scoperto da una équipe internazionale composta anche da cinque studiosi italiani.

Le prove scientifiche sono state convalidate nell’ambiente vitivinicolo considerando i composti chimici ritrovati, che confermano i reperti essere del vino, quali: acido malico, citrico, succinico e tartarico.

Il gruppo di ricercatori, guidati da David Lordkipanidze del Museo Nazionale Georgiano, hanno dimostrato che il materiale analizzato coincide con il più antico esempio di vino al mondo; le tracce di questa bevanda sono state ritrovate nei frammenti di otto giare di terracotta datate 6.000 a.C., nel periodo Neolitico, nei siti archeologici di Shulaveri Gora e Gadachrili Gora, vicino Tiblisi, capitale della Georgia.

Il Pnas, rivista dell’Accademia delle scienze degli Stati Uniti, è giunto alla conclusione che le tracce rilevate riportano all’origine del vino a circa 8 mila anni fa, circa mille anni in più rispetto a quello che si poteva pensare fin’ora, considerando che i reperti più antichi rinvenuti furono nelle giare di Hajji Firuz Tepe, nei monti iraniani di Zagros (Iran) che risalgono al 5.400 – 5.000 a.C.

Un gruppo formato da diciotto ricercatori, di cui cinque di origine italiana, hanno utilizzato tecniche all’avanguardia come la gas-cromatografia e la spettrometria ad infrarossi per rilevare dai frammenti di terracotta presenti nell’Università di Pennsylvania, la presenza di reperti di vino, contenenti i quattro acidi, dando nuovamente prova di quanto fosse stata radicata la coltura della vite in tali aree, da tempi antichissimi.

Secondo la scienza sembrerebbe che la zona del Caucaso sia stata il “grembo materno” della viticoltura a livello mondiale, nello specifico evidenziando le zone tra il Mar Caspio e il Mar Nero, territorio formato da colline di altezza di circa mille metri, con clima arido e piovosità media annuale tra i 350 e i 550 millimetri e temperatura media odierna di 13 gradi, il clima però fu ben più mite in passato e la vite eurasiatica si ambientò in una condizione ancor più favorevole.

Dagli studi sono emerse conferme non solo riguardanti la coltivazione delle viti, ma anche sull’utilizzo del vino da parte delle popolazioni mesopotamiche, nello specifico quelle appartenenti alla cultura Shulaveri-Shomutepe.

Anche la storia ci riporta al vino come bevanda emblematica attraverso il mito di Dionisio e nel racconto di Noè che produce il primo vino al termine del diluvio universale.

Per gli studiosi sarebbe comunque difficoltoso stabilire tra le due località vitivinicole di Hajji Firuz Tepe e Shulaveri Gadachrili quale sia la più antica dal punto di vista della coltivazione, produzione e diffusione vinicola, poiché sarebbe necessario concorrere ad ulteriori ricerche sul dna delle viti selvatiche.

Sta di fatto che, come avviene nella cultura contemporanea della Georgia, in antichità il vino serviva anche come medicinale, era una sostanza che alterava la mente oltre ad essere una bevanda molto apprezzata.

A tal proposito il suo utilizzo divenne al centro di culti religiosi, alimentari, economici e degli usi e costumi delle popolazioni in generale.

I ricercatori comunque stanno continuando nei loro studi per individuare in quale modo la variabilità del clima abbia influenzato dalla prima presunta vinificazione ai giorni nostri.

C’è ancora molto da scoprire sulla storia del vino e sulle popolazioni che lo consumavano, non a caso venne definito nell’antichità il nettare divino, da Bacco a Dionisio passando anche per Osiride.

A cura di Barbara Comelato – Foto Imagoeconomica

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui