Il prezzo di alcune colombe vendute a Pasqua è rimasto invariato, ma invece di pesare un chilo, pesavano 750 grammi. Si chiama “Shrinkflation” (termine che deriva dalla “shrinkage”, contrazione” e “inflation”, rincaro), e sembra un “trucchetto” che si è diffuso in diverse regioni italiane, con le sezioni del Codacons, l’associazione che tutela i consumatori, che hanno presentato un centinaio di esposti alle procure competenti. Non è fenomeno nuovo, ed è diffuso anche negli Stati Uniti: in pratica quando sale l’inflazione, per non dover ritoccare i prezzi al rialzo – e vendere di meno – molti produttori mantengono il prezzo pressoché invariato ma diminuiscono la quantità contenuta della confezione.

Il Codacons ha chiesto all’Antitrust e a 104 Procure di avviare indagini sul territorio finalizzate ad accertare se il fenomeno “shrinkflation” possa costituire ipotesi penalmente rilevanti come truffa e manovre speculative a danno dei consumatori, e la possibile fattispecie di “pratica commerciale scorretta”. L’associazione ha chiesto inoltre all’Autorità per la concorrenza ed alle magistrature locali di “audire il presidente dell’Istat, nonché del Mise, Mef, Federalimentare, e le principali multinazionali italiane al fine di acquisire elementi circa il fenomeno in questione”.

Gli esposti sono stati presentati in città e province di diverse regioni tra cui Toscana, Trento e Bolzano, Abruzzo, Sicilia.

Il “metodo” consente guadagni enormi alle aziende produttrici, ma di fatto “svuota i carrelli e le tasche dei consumatori, realizzando una sorta di inflazione occulta”, così il Codacons. Tutto ciò avviene sotto lo sguardo inconsapevole del consumatore, il quale nel momento in cui acquista – ad esempio una busta di patatine fritte – “difficilmente si chiede che dimensioni aveva la confezione di quello specifico prodotto uno o due anni prima”.

Sul fenomeno uno studio recente dell’Istat che ha registrato 7.306 casi analoghi in mercati, rivendite e super-mercati italiani: i picchi “si registrano nel settore merceologico di zuccheri, dolciumi, confetture, cioccolato, miele – in 613 casi con diminuzione della quantità ed aumento del prezzo – ed in quello del pane e dei cereali – 788 casi in cui, però, si è riscontrata solo una riduzione delle confezioni” – conclude il Codacons in un comunicato.

Tra le altre categorie di prodotti a cui secondo l’associazione dei consumatori è bene prestare attenzione: “Bibite, succhi di frutta, latte, formaggi, creme e lozioni”.

A cura di Elisabetta Turci – Foto Imagoeconomica

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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