Con l’arrivo sugli Champs-Elysées e la volata vinta dall’olandese Dylan Groenewegen, va in archivio l’edizione numero centoquattro del Tour de France; un’edizione che ha visto numerosi corridori disputarsi la maglia gialla sino alla fine, ma senza quello spettacolo che ci potrebbe aspettare da una corsa lunga ed incerta come quella transalpina.

E’ stata ancora una volta (la quarta negli ultimi cinque anni) la “corsa” di Chris Froome, il keniano bianco ha infatti vinto nuovamente, pur se con grande difficoltà e senza quelle frullate che sono, o erano, la sua caratteristica principale; a dire il vero, il successo 2017 è più da assegnare alla squadra che al singolo, perché è stata la strapotenza del Team Sky (e le regole interne) a decidere la classifica finale della corsa francese.

A leggere il percorso prima del via, il Tour pareva disegnato appositamente per il beniamino di casa, Romain Bardet, secondo nell’edizione 2016, bravo in salita ed in discesa, ma non proprio a suo agio contro il tempo; così gli organizzatori optavano per soli 36,5 chilometri a cronometro, mentre abbondavano le salite, anche se erano poi solo tre gli arrivi “veri” in quota.
Altro atteso protagonista non poteva non essere il colombiano Nairo Quintana, terzo l’anno passato e secondo nel 2013 e 2015, mentre tra gli outsider non mancavano grandi nomi, da Contador a Valverde, da Pinot al nostro Fabio Aru, oltre naturalmente alle solite sorprese.
Grandi attese dunque, con le speranze francesi di rompere un digiuno che dura dal 1985, quando fu il fuoriclasse Bernard Hinault a conquistare il suo quinto Tour; grandi attese ancora una volta deluse, perché Bardet si è dimostrato il più forte dei francesi, ma non è andato al di là del terzo posto, ed anzi, ha conquistato il podio per un solo secondo, davanti allo spagnolo della Sky, Mikel Landa, il quale ha avuto più di un motivo per recriminare, e proprio nei confronti della propria formazione.
Ma si sa, alla Sky le gerarchie sono ferree e Landa, pur parso in diverse occasioni più in palla di Froome, ha dovuto attenersi agli ordini di squadra e mordere il freno; certo non sono mancate polemiche e momenti di tensione, ma nella formazione inglese non si deroga da quanto stabilito ed infatti Landa lascerà a fine anno per giocarsi le proprie ambizioni altrove.
Effettivamente la Sky sta dominando da sei anni a questa parte il Tour e, vittoria di Nibali del 2014 a parte, la conferma arriva dalle vittorie di Wiggins (2012) e dal poker di Froome; difficilissimo combattere contro lo strapotere di una formazione dove almeno sette dei nove partenti sarebbero capitani in qualsiasi altra formazione; difficilissimo battere una formazione dove nulla è lasciato al caso ed il budget a disposizione fa diventare tutti gregari a disposizione di uno solo!
Ciò non di meno, il Tour alla fine si è giocato su pochi secondi, 54 per l’esattezza, quelli che hanno determinato la vittoria di Froome ed il secondo posto del colombiano Rigoberto Uran, vera sorpresa della corsa; 54” accumulati a cronometro, visto che nel prologo Froome ha staccato Uran di 51” e 25” sono il distacco della crono di Marsiglia, quasi a farsi beffa del percorso e delle aspettative degli organizzatori.

A dire il vero al Tour 2017 non sono mancate le solite lunghissime fughe (finite tutte salvo una a poco dal traguardo), mentre è mancato lo spettacolo; tolto il nostro bravissimo Fabio Aru nessuno è mai scattato in salita con decisione, qualche tentativo subito stoppato, cento-duecento metri e tutto era finito, portando così Froome ed i suoi giannizzeri in carrozza fino a Parigi.

Sicuramente gli interessi sono tanti, finire tra i primi dieci in classifica comporta oltre alla soddisfazione anche bei premi, e così ci si accontenta di correre in difesa, succhiare le ruote della Sky e tentare di arrivare al traguardo con i primi; certo non si può accusare Uran e Aru, che hanno praticamente corso senza squadra, ma da Bardet ci si aspettava di più, così come dal deludentissimo Quintana, praticamente mai in corsa e staccatosi proprio sul terreno a lui più congeniale, la salita.
Tour in soffitta con poco spettacolo e tantissime cadute, non poche polemiche e qualche decisione che ha lasciato molte perplessità, a partire dall’esclusione del Campione del Mondo, Peter Sagan, squalificato per aver causato la caduta (con frattura della clavicola) di Mark Cavendish, sul traguardo di Vittel, nella quarta tappa.
Altra decisione contestata e decisamente di parte alla dodicesima tappa, quella vinta dal francese Bardet, a Peyragudes; Uran, Bennet e Pauwels vengono penalizzati di venti secondi per aver preso delle borracce, cosa vietata, nel finale di gara, ma il Direttore Sportivo del colombiano scova un video dove anche Bardet riceve una bevanda in zona proibita e sporge reclamo; a questo punto interviene direttamente l’organismo ciclistico mondiale che annulla tutti i provvedimenti ….

I francesi hanno disegnato il Tour per il loro beniamino ma, alla fine, sono rimasti con il solito cerino in mano, dando ancora una volta ragione alle parole scritte da Paolo Conte, anche se questa volta non è stato Bartali a farli inca…volare!

Il Direttore Responsabile Maurizio Vigliani

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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