Shochi Yokoi, nato in Giappone il 31 marzo 1915, soprannominato “l’ultimo soldato giapponese”, visse ventotto anni nella giungla del Guam, dove era stato inviato come soldato semplice nell’esercito giapponese alleato di Hitler e Mussolini. Non si accorse che la guerra fosse finita, fin quando non fu ritrovato nel 1969 e riportato in patria.

Nel 1974 ebbe risonanza mondiale la notizia che un altro soldato giapponese, il tenente Hiroo Onoda, nato in Giappone il 19 marzo 1922, si era arreso dopo trent’anni di continua guerriglia nella giungla delle Filippine. Per tutti quegli anni aveva rifiutato di credere che il Giappone si fosse arreso nell’agosto del 1945 e che la seconda guerra mondiale fosse terminata. Nel dicembre 1944 il tenente Onoda, al termine di un breve ma intensissimo addestramento come ufficiale dei servizi segreti, fu assegnato all’isola di Lubang, nelle Filippine, con l’incarico di organizzare la resistenza contro le truppe alleate, che si prevedeva, avrebbero a breve tentato di occupare l’arcipelago per farne una base verso l’attacco finale al Giappone.

All’epoca aveva ventidue anni, ed era frustrato per l’impossibilità di dare esecuzione al proprio mandato, perché non aveva uomini ai suoi ordini diretti. Soltanto alcuni mesi più tardi, quando avvenne effettivamente lo sbarco d’ingenti forze americane, poté tentare di organizzare qualcosa. I reparti giapponesi superstiti, nascosti nella giungla, seppero con grande ritardo della fine della guerra, e si arresero solamente nella primavera del 1946. Rimasto al comando con soli tre uomini, Onoda continuò la sua guerra personale. Era stato condizionato a non arrendersi per nessuna ragione e a non prestare assolutamente attenzione ad alcuna informazione proveniente dal nemico.

In pratica non volle e non seppe credere che la guerra fosse finita, nonostante che nel corso degli anni anche numerose spedizioni giapponesi fossero andate alla sua ricerca. Si arrese finalmente al “nemico” ma soprattutto alla realtà nel 1974. Aveva ormai cinquantadue anni e l’impressione dell’opinione pubblica mondiale, che seguì le sue vicissitudini con enorme interesse, era che al suo rientro in Patria, difficilmente avrebbe potuto riadattarsi a una vita normale. Niente di più sbagliato. Pochi mesi dopo la sua resa scrisse di getto un libro sui suoi anni nella giungla. In realtà, ed è probabilmente questo l’aspetto più sorprendente del percorso di Onoda, il suo reinserimento non solo fu veloce e riuscito, ma lo portò a una nuova vita ricca non solamente di soddisfazioni ma anche di riconoscimenti. Morì all’età di novantuno anni per insufficienza cardiaca.

Il vice Direttore Ugo Vandelli – Foto Imagoeconomica

Il Vice Direttore Ugo Vandelli

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