Non è bastata la tattica perfetta, non è bastato tenere in mano, anzi, dominare e gestire la gara dal primo chilometro, non è bastato dimostrare di essere i più forti per portare a casa una delle medaglie della gara in linea di ciclismo su strada che gli azzurri hanno inseguito con forza e caparbietà; una caduta, in discesa, ha vanificato il duro lavoro di Vincenzo Nibali e degli azzurri, una scivolata a pochi chilometri dal traguardo così tanto inseguito.

Lo sport è questo, si vince e si perde, e spesso non serve essere il più forte o il più debole; la componente fortuna non va mai sottovalutata, anche se a Rio non solo gli italiani hanno smarrito la buona sorte. Che dire infatti di Sergio Henao a terra insieme a Nibali mentre inseguivano l’oro, all’inglese Geraint Thomas, a Richie Porte ed a tutti quelli finiti contro le reti della pericolosa discesa di Vista Chinesa, nello splendido Parco Nazionale di Tijuca.

Quello che si deve però dire è che Greg Van Avermaet ha vinto la medaglia d’oro con merito, non è infatti l’eroe di giornata ma un corridore completo capace di vincere tutto l’anno, fin dalle gare della primavera, quelle corse in Belgio (suo Paese natale), Olanda, Francia e pure lui ha pagato, quest’anno, il proprio obolo alla sfortuna cadendo durante la Liegi-Bastogne-Liegi, con frattura della clavicola e rinuncia a gare in cui era certamente tra i favoriti.
La gara è stata certamente vera ed appassionante, sin dai primi chilometri, con una fuga finita dopo oltre cento chilometri ed una scoppiettante ultima parte d gara in cui ci hanno provato in tanti a vestire l’alloro olimpico o quantomeno a salire sul prestigioso podio.

Tra i favoriti sono mancati i francesi, anche se Alaphilippe si è svegliato con un grande finale servito solo ad un piazzamento e, tolto Thomas, gli inglesi, con Chris Froome che ciondolava il testone ma ha sbagliato tattica e tempi, lontano dalla condizione del Tour o, più probabilmente, ridimensionato dal non avere il Team Sky che lo porta in carrozza fino al traguardo.
Froome è sicuramente più uomo da corse a tappe, e non sempre si può essere al 100%, ma visto che tutti i migliori di Rio venivano dal Tour c’è da chiedersi se gli altri siano andati in Francia solo per preparare la gamba all’Olimpiade o a fare cosa; d’altra parte è bastato vedere il miglior luogotenente dell’inglese, l’olandese Wouter Poels (quello che in salita andava più forte delle moto), arrancare e staccarsi nei primi metri della salita di Tijca, per capire che senza la propria fortissima squadra, anche sua maestà Froome diventa battibile come tutti.
Sfortuna per Nibali ed Henao, ma pure Rafal Majka ne ha da recriminare; salvatosi dalla caduta che ha fatto fuori i compagni di fuga, si è ritrovato tutto solo verso il traguardo che avrebbe coronato una stagione già ricca di soddisfazioni, dal quinto posto finale al Giro d’Italia, alla prestigiosa maglia a pois del miglior scalatore al Tour, ma è stato ripreso da Van Avermaet e da Jakob Fuglsang (medaglia d’argento) a poco più di un chilometro dal traguardo e non ha neppure tentato la volata, un po’ perché è tutto salvo che velocista, molto perché lo sforzo, e la delusione, gli ha procurato crampi dolorosi con cui ha tagliato il traguardo.

Davide Cassani aveva indovinato tutto ma alla fine ci si ritrova con il sesto posto di uno splendido Fabio Aru, che ancora una volta ha confermato di essere un grande sotto tutti gli aspetti, ed il gran lavoro di Alessandro De Marchi, Damiano Caruso e Diego Rosa, su di un tracciato splendido quanto duro, dove ha vinto un corridore vero e non qualcuno capitato lì per caso; l’Italia ciclistica ha dato spettacolo ma torna a casa unicamente con la soddisfazione di aver dato tutto e che, mettiamola sul ridere …. “contro c**o ragion non valse”.

A cura di Maurizio Vigliani

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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