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ANGELA MERKEL / BORIS JOHNSON / EMMANUEL MACRON

Il Regno Unito fugge, la Francia ringrazia 

Neanche il Covid 2019 ha fermato la fuga dal Regno Unito di imprese e lavoratori impauriti dai potenziali effetti negativi della Brexit. E mentre il Governo di Boris Johnson cerca di correre ai ripari, la Francia di Emmanuel Macron è uno dei Paesi che beneficia maggiormente della scelta, da parte dei sudditi di Sua Maestà, di abbandonare l’Ue.

Sembra, dai dati divulgati dal Governatore della Banca di Francia Francois Villeroy de Galhau, che circa 2.500 posti di lavoro siano già stati trasferiti a vantaggio di Parigi, mentre una cinquantina di entità patrimoniali britanniche abbiano autorizzato il trasferimento in Francia di almeno 170 miliardi di Euro di attività alla fine del 2020, ovvero nello stesso periodo in cui i rappresentanti di Londra e Bruxelles erano ancora impegnati al tavolo negoziale per stringere l’agognato accordo, che è stato concluso solo lo scorso 24 dicembre. Una corsa contro il tempo segnata dallo spettro
del ‘no-deal’, un’ eventualità catastrofica che ha fatto fuggire a gambe levate banche, assicurazioni e imprese di ogni tipo e natura.
Così, l’elenco delle grandi aziende decise ad abbandonare le nebbie britanniche per non finire strangolate dall’intricata trama della telenovela Brexit, si allunga sempre di più.

Ad arricchire la già considerevole lista dei transfughi d’ Oltre Manica, vi è il colosso “The Goldman Sachs Group, Inc.”, una delle più grandi banche d’affari del mondo, con sede legale al 200 di West Street, a Lower Manhattan, New York City, e filiali importanti anche nei principali centri finanziari mondiali, che ha scelto la Ville Lumière come futura sede finanziaria. La Ville Lumière che è anche la meta prescelta da Hsbc (organizzazione bancaria multinazionale britannica e di servizi finanziari, la cui rete internazionale comprende circa 7.500 uffici in oltre 80 paesi e territori in Europa, nella regione Asia-Pacifico, nelle Americhe, nel Medio Oriente e in Africa), che sulle sponde della Senna ha già gli uffici della controllata Credit Commercial de France.

Tale uscita, per noi italiani, sembra accostabile ai filone narrativo dell’ultima eccentricità britannica, da annoverare fra la guida a sinistra, la birra misurata in pinte, o la mancanza del bidet. Non è così: ciò che sta accadendo Oltremanica e le ripercussioni internazionali, principalmente sulla sponda francese, possono essere una svolta finanziaria epocale.

“Regnava un certo profumo di soddisfazione” già nello scorso mese di luglio: il quotidiano economico “Les Echos” descriveva così l’aria che si respirava al forum di Paris Europlace, ovvero dell’organizzazione incaricata di promuovere la piazza finanziaria di Parigi nel mondo. All’indomani del sì al referendum sulla Brexit nel Regno Unito, i più autorevoli gruppi di interesse francesi si sono infatti rimboccati le maniche, nella speranza di convincere almeno 10mila traders della City a trasferirsi nelle capitale transalpina.

Quali sono le armi dei nostri cugini transalpini per convincere le imprese britanniche a trasferirsi in Francia? “Modificando le regole al fine di non andare al di là di quanto esigono le norme europee» e promettendo «nuove agevolazioni fiscali», ha precisato il principale giornale economico finanziario francese.

Sarà anche per questo che il Presidente francese Emmanuel Macron si è impegnato, da quando è stato eletto, ad ostacolare il progetto di introduzione di una tassa sulle transazioni finanziarie europea? Uno sforzo che sembra cominciare a dare i propri frutti: già l’americana Goldman Sachs, società leader che opera a livello mondiale nell’investment banking, nel trading di titoli e nella gestione di investimenti, aveva annunciato lo spostamento post Brexit di due uffici: uno a Francoforte, un altro a Parigi; anche la European Banking Authority (ABE), sempre in conseguenza della Brexit, ha scelto di trasferirsi a La Défence. Ovvero nel quartiere che ospita la piazza finanziaria parigina. E’ Parigi, dunque, a sorridere. “Ci eravamo preparati attivamente per questo, e oggi la continuità delle attività finanziarie è fortunatamente assicurata”, ha detto il governatore, il quale ha poi precisato che per l’anno nuovo sono previsti altri trasferimenti. “La Brexit ci impone di sviluppare la nostra autonomia finanziaria europea in modo più strutturato”.

Da l’altro lato della Manica, Londra, se non piange, poco ci manca. Il Regno Unito diventerà sempre più quello che è sempre stato: un’economia a bassa produttività ai margini dell’Europa, ma con l’aggiunta di un ruolo non più importante nell’UE e una maggiore erosione del suo significato globale, Né bisogna credere, nemmeno per un momento. all’argomento per cui la ritrovata libertà del Regno Unito scatenerà un’ondata di investimenti produttivi, afflussi di capitale straniero e imprenditorialità sfrenata.

È un’illusione totale che l’UE abbia impedito in passato che accadessero cose del genere. La verità è che la primavera economica del Regno Unito non è mai sbocciata. E lo è ancor meno ora. Quale azienda sana di mente vorrebbe investire in Europa (che è il grande mercato) attraverso il Regno Unito, il cui rapporto con l’UE è ora più rischioso e soggetto a una maggiore volatilità?
Il Regno Unito ha lasciato l’UE, il mercato unico e l’unione doganale. Si prospettano tempi duri, per gli inglesi e per la loro City.

A cura di Avv. Costantino Larocca – Foto Imagoeconomica

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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