IL POTERE E’ DONNA UOMINI FATEVENE UNA RAGIONE

Premetto che ho sempre nutrito, pur essendo donna, un certo disagio a relazionarmi con l’08 Marzo, data scelta come” Giornata Internazionale della donna”, comunemente definita “Festa della donna”.
Forse è per questa ragione che, soprattutto in questo 08 Marzo 2021, in questo tempo di pandemia che sta livellando un po’ tutto e tutti, dove e’venuto a mancare anche il “c’era una volta la donna”, che procreava senza limiti, senza sosta, senza volerlo, sostituita a poco a poco dalle consapevolezze del femminile che, con l’avvento della pillola anticoncezionale, comincio’ a decidere se procreare o no.

Decidere di dire no non è stato e non è tutt’ora facile per una donna, perchè si rischia di essere guardate male: esiste ancora la mistica della maternità, più dannosa della mistica della femminilità.
La pandemia ha livellato anche le mamme, pensa un po’: quelle che uscivano per andare in ufficio sono in smartworking con i figli in DaD, esattamente come quelle che aspettavano con gioia le cinque ore d’aria della scuola in presenza.
Bene, sempre per restare in tempi di “Donna e pandemia”, in Italia, dove fino ad ora sono mancate “pari condizioni competitive” tra uomini e donne sul lavoro, ho provato un moto di vero orgoglio, quando Mario Draghi, nel suo discorso di insediamento, ha affermato, in modo per me convincente, che per realizzare “di fatto” l’uguaglianza, deve cambiare anche a casa.

Un sogno? Scritto pure nella Costituzione.
E già: parità di condizioni competitive: nè dislivelli o staccionate in partenza, nè trappole o dirupi all’improvviso.
“Parita’ di condizioni competitive” è la formula che ha usato il Presidente del Consiglio Mario Draghi nel suo discorso al Senato, mercoledì 17 febbraio.

Quindi in questo 8 marzo 2021, usero’ volutamente l’espressione Festa della Donna, per sottolineare come, nell’immaginario comune, questa sia stata spesso percepita come una festa di mimose, o tutt’al piu’ di serate rigorosamente al femminile , e non piuttosto come un reale e intenso momento di riflessione sul faticoso processo di evoluzione femminile.
E allora, come mi succede fin dall’inizio della “festa”, pongo a voi la stessa domanda che tante volte mi e’ rimbalzata nel cervello: perchè abbiamo bisogno di una festa della donna?
Mi direte che sono retorica, ma la prima risposta che mi viene in mente è, perchè la donna, nei secoli, ha dovuto accontentarsi quasi sempre di un ruolo subalterno all’uomo, vittima spesso di angherie, soprusi, violenze.
Essere femmina ha significato per molto tempo imporsi dei limiti, impedirsi di esprimersi al meglio, perchè l’universo maschile non glielo avrebbe permesso.

Non intendo con queste mie parole minimamente affermare la santità del femminile contrapposta alla diavoleria del maschile, aggiungo pero’ che l’uomo spesso ha sicuramente approfittato di una situazione di vantaggio fisico, per creare una società che lo ha, un tempo, e anche ora, privilegiato in molti campi.
Allora vorrei dire a tutte le donne, ma anche a tutti gli uomini che bisogna continuare a costruire “ ponti” tra i generi, non fratture. Per farlo occorre coraggio, quello vero, e mi rivolgo soprattutto alle donne, a tutte: quelle della mia generazione, che dovrebbero essere modelli di riferimento, alle giovani donne, a quelle che si rialzeranno da questi tempi duri, a quelle che sono in difficoltà in casa, sul lavoro, nella società: per tutte occorrerà andare necessariamente oltre il pensare comune, e guardare, osservare le riflessioni che ne nasceranno.

Io oggi non voglio mimose, non ho voglia che qualcuno mi auguri nulla, non voglio che nessuno mi aiuti a “celebrare la “normalità della diversità“.

Io non voglio che l’08 marzo sia un giorno diverso dagli altri, ma vorrei che noi donne diventassimo piu’ consapevoli, e che ci ricordassimo sempre dei soprusi che spesso come donne abbiamo subito, di quante volte gli uomini ci sono passati davanti, solo perche’ uomini, le volte che abbiamo avuto difficoltà lavorative, perchè aspettavamo un figlio, o solo perche’ donne, le volte che “ tette e culi” hanno rappresentato il meglio al femminile sui mass-media, le volte che i nostri padri non ci hanno permesso le stesse libertà, le volte che il ruolo di casalinghe ci e’ stato proposto come nostra massima aspirazione, le volte che non ci siamo sentite sicure per strada, che abbiamo scontato il prezzo di una gelosia ossessiva, che abbiamo sperimentato le botte, lo stupro!

Cioè di tutto ciò che non si può ricordare in un giorno solo, l’8 di Marzo, ma che ha bisogno di tutti gli altri 364 giorni, per ricordarcelo, nessuno escluso!

A cura di Sandra Vezzani editorialista – Foto Imagoeconomica

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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