A Nord non piove da due mesi, le temperature sono costantemente sopra le medie stagionali, sulle montagne soprattutto lombarde e piemontesi c’è la metà della neve degli anni scorsi, i grandi laghi hanno percentuali di riempimento tra il 15 e il 24 per cento: risultato, il fiume Po è in secca come d’estate, se non peggio.

L’allarme lo ha lanciato ormai sei giorni fa l’Autorità distrettuale del fiume Po, ente pubblico che fa riferimento al ministero della Transizione ecologica, e la situazione non ha fatto che peggiorare. A gennaio la portata del più grande corso d’acqua italiano è risultata essere il 51 per cento inferiore rispetto alla media 2006-2020.

Lungo il bacino del Po ha luogo circa un terzo della produzione agricola nazionale e tra gli operatori del settore c’è quindi grande preoccupazione. Coldiretti parla di “natura in tilt” e segnala diversi rischi: il largo anticipo nelle fioriture rende gli alberi da frutto molto vulnerabili, le coltivazioni seminate in autunno come orzo e frumento possono andare in sofferenza, la semina del mais prevista questo mese è messa in difficoltà dai terreni aridi, anche i prati destinati all’alimentazione degli animali da allevamento non rendono abbastanza.

“Siamo di fronte in Italia alle conseguenze dei cambiamenti climatici con una tendenza alla tropicalizzazione e il moltiplicarsi di eventi estremi con una più elevata frequenza di manifestazioni violente, sfasamenti stagionali, precipitazioni brevi e intense, siccità e alluvioni ed il rapido passaggio dal freddo al caldo che ha fatto perdere – conclude l’associazione di categoria – oltre 14 miliardi di euro in un decennio, tra cali della produzione agricola nazionale e danni alle strutture e alle infrastrutture nelle campagne”.

A cura di Renato Lolli – Foto Ansa

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui